È stato più o meno così che ieri sera, nell'antiaula consiliare “Falcone Borsellino”, il responsabile del Patrimonio Michele Todaro si è rivolto ai presenti, che avevano chiesto di sentirlo per chiarimenti sulla consegna del parco delle Terme dalla Regione al comune. Una domanda retorica, ovvio, evidente frutto polemico dell'irritazione del vicesegretario generale del comune causata dalle precedenti dichiarazioni di Francesca Valenti, che in più di un'intervista nel giro di 24 ore ha definito “mediocre”, pur senza fare il nome di nessuno, il livello dei funzionari comunali.
Ha fatto di più rispetto a Todaro Aldo Misuraca, dirigente dei Lavori Pubblici, che poco dopo, in Consiglio comunale, prima di rassegnare all'aula la sua relazione tecnica riguardante il progetto per la pubblica illuminazione nel parco delle Terme, si è detto apertamente offeso delle parole pronunciate dal sindaco, respingendo la definizione di “contropotere”, gradita dal primo cittadino, invocando pubbliche scuse.
Silenzio dagli altri dirigenti. O, perlomeno, se hanno commentato, lo hanno fatto al riparo da occhi e orecchie indiscrete, non in un'aula consiliare. Quelli di ieri, però, sono episodi piuttosto rivelatori del livello ormai piuttosto alto del conflitto generatosi tra politica e burocrazia del comune di Sciacca.
Conflitto che non nasce oggi con questa amministrazione. Personaggi e interpreti della vita pubblica di Sciacca non possono avere dimenticato improvvisamente che anche durante gli anni dell'amministrazione guidata da Fabrizio Di Paola tra parte politica e parte burocratica si era generato un autentico “muro contro muro”, a dimostrazione del fatto che le parti hanno idee e aspettative diametralmente opposte.
In ogni caso tre consiglieri dell'opposizione (nella fattispecie Calogero Bono, Giuseppe Milioti e Carmela Santangelo, quest'ultima lo ricordiamo ex componente della maggioranza) hanno preso le parti dei dirigenti, accusando piuttosto Francesca Valenti di cercare soltanto delle scuse per giustificare il proprio fallimento. Altra carne al fuoco messa nell'infinito barbecue di una crisi politico-istituzionale ormai senza precedenti.