istituto al centro da tempo di una crisi economico finanziaria senza precedenti e, dal 2017, sottoposta a commissariamento disposto dalla Regione siciliana, con una condizione che oggi è letteralmente priva di prospettive. Non ci sono più soldi, il disavanzo accumulato ha toccato la cifra non certo indifferente di 800 mila euro. Eppure stiamo parlando di un istituto con una storia gloriosa, riconosciuto (ben 81 anni fa, con regio decreto) come centro servizi sociali, ovvero IPAB, vale a dire Istituto pubblico di assistenza e beneficenza.
Un ente, il “Rizzuti Sacro Cuore” che, dunque, per la stessa comunità di Caltabellotta, è stato una vera e propria istituzione, ricoprendo anche un ruolo fondamentale sia sul piano sociale (poteva ospitare fino a 48 persone anziane bisognose di assistenza) sia su quello occupazionale. Funzionava, il "Rizzuti Sacro-Cuore", grazie ai contributi regionali previsti da almeno tre normative approvate sul tema dei servizi sociali e dell'assistenza domiciliare (la prima del 1953, l'ultima del 1986). Leggi che, essenzialmente, finanziavano la copertura delle rette soprattutto per i soggetti più bisognosi.
Contributi che, tuttavia, la Regione siciliana negli anni più recenti ha periodicamente ridotto, fino all'irrimediabile azzeramento. E a nulla, ad oggi, sono valsi i tentativi di sopravvivenza della casa di riposo "Rizzuti Sacro Cuore" effettuati anche attraverso l'idea di una possibile fusione con altri IPAB del territorio provinciale.
E oggi, al punto in cui siamo arrivati, il commissario straordinario nominato nel 2017 (si chiama Antonino Mistretta), ha deciso che ogni ulteriore indugio a tenere in vita (si potrebbe dire artificialmente) la casa di riposo è inutile. Il funzionario, infatti, vuol chiudere questa storia, e in tale direzione ha già deliberato l'estinzione dell'istituto. Ma è difficile liquidare facilmente una situazione che oggi vede alcuni dei dipendenti della casa di riposo che non ricevono lo stipendio da ben cinque anni e mezzo. Situazione da cui sono scaturite procedure tuttora pendenti presso il giudice del lavoro del Tribunale di Sciacca.
Eppure la legge 22 del 1986 stabilisce che in caso di liquidazione di una casa di riposo pubblica immobili e personale transitino al comune di riferimento. Scenario che (figuriamoci) non si può concretizzare e per ovvie ragioni, a partire da un aggravio di oneri a carico di un comune (ma la stessa cosa vale oggi per tutti i comuni) che non può certamente sobbarcarsi costi ulteriori rispetto a quelli che già deve fronteggiare ogni giorno. Tanto è vero questo che sull'applicabilità di questa norma non solo la stessa Corte dei Conti ha manifestato delle riserve, ma la questione è tuttora in fase di valutazione addirittura da parte della Corte Costituzionale. Vicenda dunque complessa, che rileva sotto diversi punti di vista, con una riflessione necessaria che tocca perfino la stessa struttura del welfare in un territorio, quello siciliano, che quando ha avuto bisogno di recuperare delle somme non ha esitato minimamente a intaccare i diritti delle fasce più deboli della popolazione. Nel caso di una casa di riposo le fasce deboli sono rappresentate sia dagli assistiti, sia dagli operatori. La soppressione (che ormai appare inevitabile) della casa di riposo Rizzuti-Sacro Cuore è, dunque, quello che può essere definito uno "strappo" di significato sociale tutt'altro che indifferente, che si inquadra anche nel senso stesso di una comunità, nella fattispecie quella caltabellottese, che è costretta ad aggiornare il già lungo elenco di problemi che è chiamata giornalmente a fronteggiare.