I partiti che fanno parte dell'Assemblea Regionale Siciliana, divisi su tutto, hanno invece trovato l'accordo sulla norma che ripristina le elezioni per le ex Province. Niente elezioni di secondo livello, quindi, ossia uno dei capisaldi dell'ormai presunta rivoluzione epocale targata Rosario Crocetta. La commissione Affari istituzionali ha avviato l'esame del testo che reintrodurrà il voto diretto dando il colpo di grazia alla riforma, mai andata completamente in porto. Mancano ancora, ovviamente, i passaggi in Assemblea, ma la decisione è stata già presa. Probabilmente, prima della chiusura del mandato, verrà stabilita anche la data delle elezioni provinciali, dopo quasi 5 anni di commissariamenti e proroghe su proroghe. Il progetto di riforma è stato chiaramente un fallimento, un disastro certificato persino dalla Corte dei Conti. I Liberi Consorzi, svuotati di fondi e servizi, hanno tenuto in piedi soltanto l'ordinaria amministrazione, cercando di garantire quantomeno gli stipendi del personale. Adesso si ridà il voto ai cittadini sulla base di un accordo, più o meno tacito, sancito tra governo nazionale e governo regionale. L'ARS, insomma, ha scelto di seguire pedissequamente la legge nazionale Delrio e di chiudere la non riforma Crocetta. Si andrà a votare, ovviamente, anche per scegliere la guida delle Città Metropolitane di Palermo, Catania e Messina. Salvo ulteriori imprevisti, le elezioni dovrebbero tenersi tra il primo e il 31 gennaio 2018 quando già si sarà insediato, in ogni caso, il nuovo governo regionale. Si proverà pure a ridurre del 50% il costo degli organi elettivi su proposta di Forza Italia. Per garantire il proseguo delle attività dei Liberi Consorzi saranno ripartiti 66 milioni di euro, giusto una boccata d'ossigeno in attesa di stabilire concretamente il da farsi. Niente rivoluzione, dunque, si torna al vecchio.