Deve scontare la pena di 4 anni di reclusione per estorsione, reato commesso con il metodo mafioso e al fine di agevolare l'attività dell'assoiciazione a delinquere di stampo mafioso. L'arresto di Di Gangi arriva a conclusione di una attività investigativa, svolta dai carabinieri di Sciacca e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, che ha fatto luce su una vicenda estorsiva nei confronti della ditta “Laterizi Fauci Srl”, una delle più note aziende del territorio saccense. I fatti si riferiscono al 1999. Di Gangi era stato condannato in Appello, a quattro anni di reclusione, pena ridotta rispetto ai dieci anni che gli erano stati inflitti in primo grado. La Cassazione ha respinto ora il ricorso presentato dai suoi legali e la condanna, di conseguenza, è diventata definitiva. Il processo per estorsione alla “Laterizi Fauci” di Sciacca, oltre a Di Gangi, ha coinvolto anche anche altri esponenti mafiosi della provincia di Agrigento. La Corte d'Appello ha condannato il favarese Giuseppe Falsone a dieci anni, otto anni sono stati inflitti a Stefano Morreale e 9 mesi a Maurizio Di Gati. Il processo aveva visto come imputato anche il titolare dell'azienda saccense, Salvatore Fauci, per false dichiarazioni ai magistrati. Era stato condannato in Appello un anno e sei mesi, con la subordinazione della pena allo svolgimento di attività lavorativa in favore della collettività. Dopo l'arresto, Totò Di Gangi è stato associato al carcere di Sciacca. Oltre al pagamento delle spese processuali, l'Autorità Giudiziaria ha disposto nei suoi confronti la pena dell'interdizione dai Pubblici Uffici. 75 anni, considerato il capo mafia della famiglia di Sciacca venne arrestato la prima volta nel 1993 nel corso dell'operazione denominata Avana. Poi gli anni della latitanza fino a quando non venne nuovamente arrestato, a Palermo, e tradotto in carcere dove è rimasto per 14 anni. Era uscito nel 2010 e aveva fatto rientro a Sciacca, nella sua abitazione, pur con una serie di limitazioni e divieti.