delle opposizioni presenti in Consiglio comunale, che hanno raggiunto l'accordo per dare il sostanziale via libera decisivo alla sottoscrizione formale della mozione di sfiducia contro il sindaco di Sciacca Francesca Valenti. Sembra ormai solo questione di giorni, dunque, e il documento sarà presentato alla presidenza del Consiglio comunale per essere inserito all'ordine del giorno dei lavori e discusso in aula in una delle prossime sedute.
Un vertice, quello delle opposizioni di ieri sera, al quale però è spiccata l'assenza di Fabio Termine, leader di Mizzica. La cui firma sulla mozione, tuttavia, non dovrebbe mancare. A meno di sorprese che, eventualmente, sarebbero a dir poco clamorose. D'altronde Termine ha rivelato più volte di non essere più di tanto un appassionato del dibattito sulla mozione di sfiducia, ritenendo che fosse più produttivo parlare meno e agire di più. Rimane pacifico che ieri sera abbia preferito non partecipare al vertice delle altre opposizioni. Mentre ci si interroga sulle ragioni di tale scelta, si riflette sul fatto che, sulla base della composizione di Sala Falcone Borsellino, per la presentazione della mozione di sfiducia in aula occorrono le firme di almeno dieci consiglieri. Perché la mozione venga approvata, servono invece almeno quindici voti. E, proprio in questa direzione, l'attenzione è tutta diretta alla scelta che verrà compiuta dai tre consiglieri della componente di Italia Viva, cioè quella che si intesta a Nuccio Cusumano. Aspetto sul quale recentemente si è sviluppato un dibattito, che ha visto qualche esponente dell'opposizione subordinare il proprio via libera alla mozione alla sua sottoscrizione (se non addirittura alla sua stessa promozione) da parte dei Cusumaniani.
Al momento la posizione ufficiale di Italia Viva (già Sciacca Democratica) è il no alla sfiducia, ma se si va in aula ovviamente tutto può succedere. E, evidentemente, se si sta decidendo di andare in aula, vuol dire che all'orizzonte potrebbe esserci qualche possibilità di adesione alla sfiducia da parte dei consiglieri Ambrogio, Guardino e Ruffo. Insomma: Italia Viva non firmerà la mozione ma potrebbe votarla in aula.
Sono trascorsi sette mesi abbondanti da quando Matteo Mangiacavallo per primo annunciò l'iniziativa della mozione di sfiducia, indicando anche la data del 14 luglio per il suo deposito alla presidenza del Consiglio comunale. Una svolta che però registrò la timidezza del resto delle opposizioni, al punto che poi non se ne è più parlato. Nel frattempo però sotto i ponti è trascorsa tanta di quell'acqua (compresa la rottura tra Cusumano e la Valenti) che adesso sembra essere scattata addirittura una improvvisa specie di corsa contro il tempo per arrivare al prossimo voto amministrativo il prima possibile.
Il tentativo è chiaro, ovverosia quello di intercettare la prima scadenza elettorale utile, addirittura quella della prossima primavera. Obiettivo: scongiurare un commissariamento regionale di amministrazione e consiglio comunale che sia più lungo di un paio di mesi. Obiettivo invero difficile da raggiungere. Così come è complicato (ancorché non impossibile) lo scenario di un'eventuale indizione dei comizi in autunno. Il commissariamento dunque potrebbe durare perfino un anno, e al voto si andrebbe solo nel 2021.
Ma c'è chi non si è ancora rassegnato all'idea che si vada col petto in fuori alla mozione di sfiducia. È il caso di Alberto Sabella, per il quale c'è ancora tutto il tempo per ricomporre le fratture in seno alla maggioranza, a partire proprio dalla componente di Italia Viva. “In democrazia – ha più volte detto Sabella - chi vince le elezioni ha il dovere di governare, e di farlo per 5 anni, e io ritengo fondamentale tornare a discutere con chi se n'è andato, a partire dallo stesso Cusumano”. Anche perché, sempre secondo Sabella, i promotori della sfiducia dovrebbero sapere che alle prossime elezioni, dei 24 consiglieri tuttora in carica, ne potranno essere confermati non più di un paio.