niente funerali e niente matrimoni almeno fino al prossimo 3 aprile. Questa la decisione della Conferenza Episcopale Italiana a seguito dell'ultimo Decreto del Governo, emanato ieri, quello per intenderci che allarga le zone rosse. La disposizione, ovviamente, è stata recepita anche dall'Arcidiocesi di Agrigento. Le Chiese resteranno aperte soltanto per rendere possibili eventuali preghiere personali. Queste ulteriori restrizioni fanno seguito a quelle che l'Arcivescovo di Agrigento, don Francesco Montenegro, aveva già emesso qualche giorno prima, esattamente lo scorso 5 marzo, con cui si sospendevano Catechismo, Comunioni, Cresime, Prime Confessioni, Catechesi, Via Crucis, Processioni, riunioni di qualsiasi tipo, attività d'oratorio e il porgere le Condoglianze. Nel giro di tre giorni, dunque, anche niente Celebrazioni Eucaristiche, funerali e matrimoni. L'Arcidiocesi promuoverà, nel limite del possibile, l'attività sui mezzi di comunicazione virtuali. Ogni Domenica, per esempio, alle ore 11.30, dalla Cattedrale di Agrigento, si terrà la diretta streaming della Santa Messa su Radio Diocesana Concordia.
Oltre alle disposizioni stringenti figlie di questo lungo momento di emergenza epidemica, don Francesco Montenegro ha voluto pubblicare un lungo messaggio rivolto ai propri diocesani. Ne riportiamo i passaggi più salienti. «Preghiamo il Signore – ha detto - perché al più presto ci liberi da questo male. In questo momento in cui tutti ci sentiamo preoccupati e forse un pò smarriti per via della diffusione del coronavirus, sento il bisogno di raggiungervi, per manifestare a tutti e a ciascuno vicinanza e per rafforzare quel senso di famiglia che diventa più necessario, soprattutto nelle situazioni difficili. Cerchiamo di essere responsabili – scrive l'Arcivescovo - osservando tutto ciò che è utile per salvaguardare la salute propria e quella degli altri. Mi viene da pensare che in un tempo in cui tutti ci sentivamo sicuri per il progresso scientifico e tecnologico, all’improvviso ci siamo trovati a fare i conti con un grande senso di precarietà. Ci sentiamo vulnerabili; e di fatto lo siamo. Ci stiamo accorgendo di non essere onnipotenti, di non riuscire a dominare tutto, di non essere i padroni del mondo. Stiamo toccando con mano quello che dice Gesù nel Vangelo: “anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede” (Lc 12,15). Usciremo più forti da questa vicenda se la affronteremo con umiltà. Ci sono state raccomandate delle limitazioni che ci chiedono di evitare assembramenti nelle chiese ma questo non vuol dire che non possiamo pregare – conclude don Montenegro. Dobbiamo bussare con forza al cuore di Dio perché al più presto ci liberi da questo male».