in ordine alla necessità di organizzare tempestivamente posti letto per contagiati da Coronavirus negli ospedali agrigentini. Stando a quanto si apprende, il commissario ad acta per la direzione medica dell'ospedale di Sciacca Alberto Firenze avrebbe insistito con l'assessore regionale alla Salute affinché tornasse a prendere in considerazione l'idea di utilizzare, per questo scopo, anche il "Fratelli Parlapiano" di Ribera. Nelle scorse ore questa ipotesi sembrava definitivamente tramontata, visto che il governo della Regione puntava ormai decisamente sulla trasformazione di un intero piano del "Giovanni Paolo II" (quello dove insistono le unità operative di Medicina, Chirurgia e Rianimazione) in megareparto antiCovid, anche con la creazione di alcuni posti letto di Terapia intensiva. A Razza sarebbe stato rappresentato che destinare un certo numero di posti letto per la cura dei contagiati all'ospedale di Ribera permetterebbe di rendere più sostenibile e meglio gestibile la situazione dell'ospedale di Sciacca. Erano state queste, oltretutto, le stesse pressioni fatte all'assessore e contenute nella presa di posizione di ieri di Francesca Valenti, preoccupata che la concentrazione in questo versante della provincia di posti letto antiCovid tutti solo su Sciacca mettesse in qualche maniera a rischio la tenuta di una struttura ospedaliera che ovviamente rimane ad essere chiamata a fronteggiare tutte le emergenze, non solo quelle scaturite dalla lotta contro il Coronavirus.
Una questione su cui probabilmente, malgrado le tensioni legate all'emergenza, probabilmente si sta muovendo anche qualche immancabile pressione politica. A denunciarlo è oggi il deputato regionale Michele Catanzaro, che sulla sua pagina Facebook ha pubblicato un post nel quale osserva che "la scelta del presidio ospedaliero da dedicare ai malati Covid deve essere compiuta dal governo della Regione sulla base di argomentazioni tecniche e scientifiche oggettive, e non perché tirato per la giacchetta dal deputato di questo o di quel comune sulla base di calcoli o convenienze politiche di parte". Fa notare, Catanzaro, come i malati Covid debbano essere tenuti separati fisicamente dagli altri pazienti e curati in contesti isolati ed asettici, garantendo apparecchiature specifiche ed ambienti attrezzati".
Nel frattempo, tra una riunione e l'altra, e mentre all'ospedale sono in fase di completamento i lavori di separazione del "Pronto soccorso Covid" da quello per così dire tradizionale, Alberto Firenze cerca di concretizzare anche l'impegno assunto a rendere autonomo il Laboratorio d'analisi interno del "Giovanni Paolo II" per i necessari esami dei tamponi, a cui intanto continuano a venire sottoposti gli operatori sanitari, nell'ambito di quella che per cercare di non allarmare è stata definita "normale sorveglianza sanitaria". Necessità impellente, quella di avere un laboratorio d'analisi che esamini i tamponi rinofaringei, considerati i tempi forzatamente lunghi per conoscere l'esito delle analisi effettuate, con i due centri di Palermo e Catania ultracarichi di lavoro, con conseguenti difficoltà a fornire le risposte necessarie in tempo utile. Perché i laboratori siano in grado di rendere autonomo l'esame dei tamponi occorrono naturalmente gli strumenti occorrenti, e lo stesso personale disponibile deve essere addestrato per questi scopi. Potrebbero servire due settimane, ma nella corsa contro il tempo in atto forse si riuscirà nell'intento prima di allora.
E a proposito di tamponi, i sindaci di 28 comuni agrigentini hanno scritto a Nello Musumeci evidenziando la loro preoccupazione sul fatto che, malgrado la disposizione del presidente che aveva disposto l'obbligo di sottoporre a tampone al termine dell'isolamento obbligatorio chi fosse arrivato in Sicilia alla data del 14 marzo, a due giorni dalla scadenza delle due settimane di quarantena non risulta che a qualcuno sia stato eseguito alcunché. A denunciarlo sono i primi cittadini di Alessandria della Rocca, Bivona, Burgio, Campobello di Licata, Canicattì, Cianciana, Favara, Grotte, Ioppolo Giancaxio, Licata, Lucca Sicula, Menfi, Montallegro, Montevago, Naro, Palma di Montechiaro, Porto Empedocle, Ravanusa, Realmonte, Ribera, Sambuca di Sicilia, San Giovanni Gemini, Sant’Angelo Muxaro, Santa Elisabetta, Santa Margherita di Belice, Santo Stefano Quisquina, Sciacca e Villafranca Sicula. Evidenziano, i sindaci, di avere ricevuto da diversi dei soggetti scesi dal nord e tuttora domiciliati nei loco comuni, richieste di chiarimento, in merito alla loro posizione e al comportamento da assumere al fine evidentemente di rispettare la norma. Fanno notare così come, nella sola provincia di Agrigento occorra eseguire almeno 300 tamponi al giorno. Insomma: un'emergenza continua.