È quanto è venuto fuori ieri dal vertice a Palermo dall'assessore Razza alla presenza di sindaci, prefetto, vertice dell'Asp e commissario ad acta del nosocomio saccense Alberto Firenze. Saranno istituiti così tra il "Giovanni Paolo II" di Sciacca e il "Fratelli Parlapiano" di Ribera 25 dei 42 posti letto in totale destinati ai contagiati da Covid 19 in provincia (10 quelli previsti ad Agrigento, il resto tra i presidi di Licata e Canicattì), con accessi separati alle rispettive singole strutture. Ruggero Razza è pronto a firmare il provvedimento, che peraltro scriverà la parola fine anche sulle pressioni di varia natura, a cominciare da quelle politiche, circa l'opportunità di includere o meno l'ospedale riberese tra le strutture presso le quali accogliere pazienti affetti da Coronavirus. E, d'altronde, in una fase nella quale il presidente della Regione Nello Musumeci sta perfino requisendo gli alberghi, sarebbe stato a dir poco bizzarro che una struttura ospedaliera fosse in qualche modo esonerata da questo onere. Questo passo avanti, in ogni caso, non è assolutamente risolutivo. Rimane in piedi, infatti, il problema della sostanziale indisponibilità di attrezzature mediche necessarie nonché dello stesso personale sanitario per potere organizzare le terapie intensive da riservare ai casi eventualmente più gravi. Mancano infatti i ventilatori. Se si pensa che al momento le terapie intensive sono appena 7, 3 delle quali a Sciacca, ricavate all'interno delle sale operatorie, c'è di che essere preoccupati, e, d'altra parte, la stessa Francesca Valenti oggi non nasconde i suoi timori. Anche il sindaco di Ribera Carmelo Pace oggi è intervenuto, facendo notare come l'emergenza in atto debba imporre alla politica del territorio di agire in unità d'intenti, concentrandosi prioritariamente sulla necessità di avere subito a disposizione, nella nostra provincia, attrezzature e personale per le terapie intensive e sub intensive.Se il trend di contagi, in Sicilia in generale, e dalle nostre parti in particolare, dovesse improvvisamente subire un'escalation di casi gravi, sarebbe oggettivamente difficile poterlo fronteggiare. L'obiettivo teoricamente è quello di quadruplicare almeno le terapie intensive disponibili. Ma le difficoltà al momento riguardano perfino il problema della stessa fornitura di respiratori. Le ditte produttrici sono sotto pressione e non riescono a garantire le richieste. La Protezione civile regionale non dispone di ventilatori, in Sicilia la centrale unica di acquisto autorizzata è l'ospedale "Cannizzaro" di Catania, che dovrebbe destinare le apparecchiature alle singole Asp. Insomma: un'emergenza che induce tutti a ribadire la necessità di osservare tutte le restrizioni imposte dai decreti del presidente del Consiglio e dalle ordinanze della Regione e dei singoli comuni, perché se la situazione peggiorasse sarebbe veramente difficile poterla fronteggiare. Il problema preoccupa lo stesso Governatore Musumeci, che nelle scorse ore ha detto che la Sicilia rischia di combattere una guerra armata solo di fionde.
All'ospedale di Sciacca nel frattempo sono stati completati i lavori di separazione degli ingressi nell'area di emergenza, con accessi differenziati tra il pronto soccorso tradizionale e quello dedicato ai casi di persone con i sintomi sospetti del Coronavirus. Obiettivo del commissario Alberto Firenze: scongiurare eventuali nuove contaminazioni, rendendo il personale sanitario sicuro da ogni rischio. Questione, questa, che vede ancora sul tappeto il problema dei dispositivi di sicurezza che medici, infermieri e il resto del personale che lavora in corsia continuano a chiedere, in un ambito di tutela del proprio lavoro. Problema, questo, su cui il vice presidente della Commissione Salute dell'ARS Carmelo Pullara oggi invoca presso il governo della Regione il coinvolgimento di tutte le aziende siciliane (ce ne sono diverse) produttrici di mascherine, tute e visiere. Si domanda, Pullara, se l'impennata di contagi negli ospedali non sia per caso dovuta ad una metodologia sbagliata di sanificazione dei locali.
In questo momento la società siciliana non può permettersi di avere contrasti e conflitti interni, soprattutto con quella parte che sta compiendo sacrifici importanti anche a rischio della propria salute.Al momento al "Giovanni Paolo II" c'è una sola persona contagiata ricoverata, numero considerato fisiologico soprattutto se si pensa che proprio l'ospedale saccense ai primi di marzo si è rivelato un focolaio di contagio, con un contagio che ha coinvolto diversi pazienti, quattro dei quali nel frattempo sono deceduti. È tuttora in corso l'esecuzione di nuovi tamponi a tutto il personale sanitario dell'ospedale. In qualche caso i tamponi si stanno anche ripetendo. Il problema è il tempo necessario per ottenere l'esito delle analisi, questione che sta accelerando le operazioni per rendere autosufficienti i laboratori ospedalieri. Ai sindaci che chiedono di sottoporre a tampone tutti quelli che nelle settimane scorse sono scesi dal nord, così come imposto da un'ordinanza firmata da Nello Musumeci, il direttore generale dell'Asp di Agrigento ha risposto lamentando oggettive difficoltà di tipo organizzativo.