E’ questo l’orientamento della direzione dell’Azienda Sanitaria Provinciale peraltro condiviso dai direttori delle unità operative di anestesia e rianimazione e, in ultimo, dall’ordine dei medici della provincia. Una posizione, dunque, che sembra destinata ad avere un peso notevole nella decisione che, però, non è stata ancora ufficialmente assunta dall’Asp e dall’assessore regionale alla salute Ruggero Razza . Per i dirigenti delle unità di anestesia e rianimazione i posti letto per pazienti Covid vanno realizzati nei due più grandi ospedali della provincia: il Giovanni Paolo II e il San Giovanni di Dio per una questione organizzativa, essendo le due strutture quelle con il maggior numero di posti letto in terapia intensiva e posto che per ogni letto di terapia intensiva occorre un certo numero di operatori sanitari specializzati per una assistenza per 24 ore consecutive. Una distribuzione dei posti letto per pazienti Covid su tutti e cinque gli ospedali agrigentini determinerebbe una sostanziale dispersione delle risorse umane e delle apparecchiature necessarie. Posizione che, come dicevamo, è stata condivisa anche dall’ordine provinciale dei medici nell’ambito della riunione dell’unità di crisi all’Asp di Agrigento nel corso della quale si è anche prospettato che, nell’ ipotesi di ulteriore necessità di posti, gli ospedali di Ribera, Canicattì e Licata dovrebbero far fronte alle necessità mediche e chirurgiche dei distretti orientali e occidentali della provincia.
Dunque, si cambia ancora, ma senza riuscire ad arrivare ad un punto fermo e a quell’attivazione dei posti letto per la cura dei pazienti affetti da Coronavirus. In due settimane abbiamo assistito a varie ipotesi, prima l’ospedale Covid da realizzare a Ribera, poi di una concentrazione su Sciacca e Agrigento, poi ancora di una distribuzione dei posti sugli ospedali di Sciacca, Agrigento, Canicattì e Licata, lasciando fuori solo Ribera. Il problema è che il tempo passa mentre l’avanzare del contagio in provincia, con i 78 casi certificati, non consente di perdere invece altro tempo prezioso.
Intanto qualche elemento di chiarezza potrebbe arrivare nel pomeriggio a seguito della videoconferenza tra l’assessore regionale alla salute Razza e i sindaci dei comuni nei quali insistono i cinque ospedali della provincia, dunque, Sciacca, Ribera, Agrigento, Canicattì e Licata. Proprio questa mattina i sindaci del territorio si sono nuovamente rivolti alle massime autorità nazionali, regionali e provinciali per esprimere forte
preoccupazione e lamentare la mancanza di concertazione e di adeguata e chiara informazione. È evidente , hanno aggiunto, che si stia sottovalutando e calpestando il difficile ruolo che un Sindaco svolge all’interno della propria comunità.
Una lettera in cui i Sindaci chiedono a gran voce “notizie chiare e tempi certi” su tutto quello che riguarda l’emergenza Covid, strutture sanitarie, personale, tamponi e altro.
Il Direttore dell’ASP., hanno evideniato, qualche giorno fa ha comunicato che in provincia ci sono, per l’emergenza Covid-19, sette posti di terapia intensiva nelle sale operatorie dei Presidi Ospedalieri di Agrigento (2), Licata (1), Ribera (1) e Sciacca (3) e che si sta lavorando per avere 15 posti nel breve termine e 23 posti tra qualche mese. La stampa, hanno aggiunto i sindaci, ha riportato una dichiarazione dell’’on. Pullara che descrive questa situazione per i posti di terapia intensiva : 8 posti ad Agrigento, cui si aggiungono 2 nelle sale operatorie e 4 a pressione negativa; 8 posti già a Sciacca, cui se ne aggiungeranno 10; un posto a Licata, cui se ne aggiungeranno 3; 2 posti a Canicattì e 2 posti a Ribera cui se ne aggiungeranno altri 2/3.
Vogliamo risposte chiare e vogliamo essere coinvolti nelle decisioni da prendere allorché queste abbiano ricadute sui nostri cittadini e, in particolare, sulla tutela della salute dei nostri cittadini”, hanno scritto i sindaci di quasi tutti i comuni agrigentini, con poche eccezioni e tra queste quella del sindaco di Agrigernto.
Tra le tante richieste quella che “venga immediatamente nominato il direttore generale dell’Asp. Riteniamo indifferibile e necessario concertare le azioni e assicurare una rete di comunicazione immediata tra tutte le Istituzioni perché su questa barca ci siamo tutti , hanno evidenziato.
Intanto, la buona notizia è che sono arrivate all’ospedale di Sciacca le 11 mila mascherine, frutto di una donazione, che erano rimaste bloccate alla dogana per diversi giorni. Grazie alla protezione civile sono arrivate questa mattina al Giovanni Paolo II