(che a sua volta nominerà degli assessori) e consiglieri del Libero Consorzio tra Comuni. Già, perché alla fine, a cambiare è stato soltanto il nome: stessi confini geografici, stesso numero di enti, stesse competenze e ripristino delle elezioni. Tutto come prima, con la differenza che oggi si chiamano Liberi Consorzi e non più Province. Riunioni inutili nei vari Comuni si sono succedute, in attesa che la Regione varasse delle linee guida mai pervenute. Alla fine ha vinto la restaurazione, hanno vinto quei partiti che, dopo l'esito del referendum sulle riforme costituzionali dello scorso 4 dicembre, anche in Sicilia si sono subito presentati a battere cassa. Le elezioni verranno svolte entro il 28 febbraio 2018 chiudendo così una lunghissima fase commissariale, portata avanti di proroga in proroga, nell'attesa, mai concretizzata, di portare a compimento la cosiddetta rivoluzione. Niente da fare. Le elezioni provinciali, probabilmente, torneranno ad essere strumento attraverso il quale piazzare su danarosi scranni amici politici, trombati più o meno giovani che, esclusi da assemblee o incarichi più importanti, ritroveranno nella provincia un luogo ameno dove svernare senza assilli particolari. Durante gli ultimi 4 anni, le ex province sono rimaste alla canna del gas, senza i fondi necessari per effettuare la manutenzione di strade e scuole, sull'orlo del dissesto finanziario, con la difficoltà nel pagare persino gli stipendi dei dipendenti. Così nella pirandelliana terra di Sicilia, continua ad accadere tutto e il contrario di tutto. Tutto doveva cambiare, niente è cambiato, se non il nome.