prima rilanciate e successivamente azzerate, alla fine l'unico ospedale dove non ci sarà nessun posto letto anti Covid è quello di Ribera. Chi più, chi meno, infatti, tutti gli altri nosocomi dell'Asp sono stati chiamati a dare un contributo, anche se la concentrazione maggiore di sforzi è stata richiesta ai due ospedali maggiori, ossia quelli di Agrigento e Sciacca. È quanto viene fuori dal piano per l'emergenza in provincia di Agrigento che Ruggero Razza ha presentato alla Commissione parlamentare Sanità dell'ARS, quella presieduta da Margherita La Rocca Ruvolo. Un piano che conferma i 55 posti attivi sin dalle prossime ore (35 al San Giovanni di Dio e 20 al Giovanni Paolo II) con la prospettiva di ulteriori attivazioni, tra degenze ordinarie e terapie intensive, anche a Canicattì e a Licata, fino ad arrivare al tetto fissato di 218 posti letto complessivi. Ad Agrigento di posti letto ordinari dovranno sorgerne altri 55, a Sciacca ulteriori 53. Saranno 21, invece, le terapie intensive, così suddivise: 10 a Sciacca, 6 ad Agrigento, 3 a Licata e 2 a Canicattì. Al "Barone Lombardo" saranno attivati inoltre 3 posti di terapia subintensiva.
Un piano varato in un clima difficile, quello nel quale, pur nella consapevolezza generale che occorra far trovare pronte le strutture sanitarie nella malaugurata ipotesi che ci sia un'ulteriore escalation di contagi, non mancano comunque i dubbi e le perplessità soprattutto rispetto alla generazione di reparti speciali all'interno di ospedali con una suddivisione tradizionale di unità operative. C'è chi teme infatti che la promiscuità tra posti letto anti Covid e gli altri reparti possa alimentare la diffusione del contagio. C'è chi teme anche che per creare spazio a questa realtà possano venire chiusi reparti o dirottati i pazienti. Il commissario ad acta per l'emergenza coronavirus all'ospedale di Sciacca Alberto Firenze ha smentito che la Nefrologia possa venire soppressa e i dializzati trasferiti nei centri privati, ipotesi fatta aleggiare più di una volta dalla CGIL. Restano sul tappeto comunque i problemi relativi alla individuazione del personale necessario per far funzionare il reparto Covid, che a Sciacca sorgerà nel secondo piano, quello dove si trovano Medicina, Chirurgia e Rianimazione. C'è di più: occorrerà anche addestrare il personale sanitario sul piano dei dispositivi di sicurezza e sulle specifiche metodologie di cura. Un problema, questo, piuttosto rivelatore di come non si fosse preparati a fronteggiare un virus senza precedenti nella storia.
La direzione medica del "Giovanni Paolo II", in ogni caso, ribadisce che l'ospedale è un luogo sicuro, considerando evidentemente ingiustificato l'atteggiamento di chi, pur avendo magari necessità di farsi curare, preferisca rinunciarvi per il timore di un possibile contagio. Si sa, comunque, che gli operatori sanitari in corsia ma anche i sindaci confidano nella massima disponibilità di dispositivi di sicurezza, oltre ad un'organizzazione di percorsi dedicati che renda autonomi gli ingressi negli ambienti dell'ospedale in cui si cureranno le persone contagiate da Covid-19. E nell'attesa che siano disponibili anche i laboratori di analisi ospedalieri di Sciacca e Ribera (si sa che è in corso un lavoro di adeguamento degli strumenti disponibili e di addestramento anche qui del personale), Alberto Firenze nelle scorse ore ha deciso di destinare le 12 stanze (con altrettanti posti letto) della Foresteria agli operatori sanitari che dovessero venire contagiati. Una fase di emergenza nella quale a qualcuno appare non del tutto comprensibile la decisione dell'assessorato di esonerare anche i medici dei servizi territoriali dalla possibilità di dare una mano al lavoro in corsia.