"Assimea, l’Associazione Italiana delle Imprese, interviene oggi a tutela delle imprese aderenti e non ma, soprattutto, per salvaguardare chi deve aprire in questa Fase 2. Uscire e lavorare in sicurezza, anche se questa non è garantita al 100%, nemmeno rispettando i dettami del Dpcm". Lo sostiene il presidente dell'organizzazione Ernesto De Rosa, per il quale "risultano stucchevoli più che mai le polemiche fatte da alcune associazioni che conservano solo il nome ed un vecchio prestigio ma che non contribuiscono a fare chiarezza. Relativamente alla Fase 2 - osserva De Rosa - riteniamo che si debba riaprire nel pieno rispetto delle norme e soprattutto con dati sanitari e clinici chiari, che garantiscano l’autotutela e la tranquillità dei lavoratori". In questo senso- prosegue De Rosa- chiediamo alle istituzioni centrali di garantire le analisi di base, le sierologiche e i tamponi (coinvolgendo i laboratori che sono in grado di operare) oltre che per coloro che operano nelle strutture sanitarie e per i dipendenti delle aziende più esposte al contatto con il virus per motivi contingenti di lavoro".
"Le nostre imprese - prosegue ancora - sono disposte a contribuire e sostenere le analisi sierologiche per la ricerca degli anticorpi, in modo da sapere se si sia stati contagiati dal virus e, poi, magari effettuare i tamponi. Pertanto si raccomanda la massima cautela nel rispetto della vita altrui rivolgendo lo sguardo poi all'aspetto economico, cercando di rivedere i provvedimenti per le piccole imprese e lavoratori autonomi ed in particolare intervenendo con un sostegno a fondo perduto di somme pur minime 10/15 mila euro, che potrebbero rappresentare un momento di tranquillità rispetto al pressing legato alla riapertura". "Bisogna premiare quelle imprese- conclude il Presidente di Assimea De Rosa- che pur non lavorando hanno continuato a versare gli stipendi ai dipendenti, atteso che con il decreto liquidità sarà una minima percentuale di imprese e lavoratori autonomi a beneficiarne. Molta della classe dirigente non sa che negli ultimi cinque anni vari onesti imprenditori si sono suicidati e che la stragrande maggioranza è andata in "Crif" e in centrale rischi per non essere riuscita a pagare mutui e/o affidamenti alle banche. Adesso, tutte queste aziende che stavano cercando di ripartire, con la chiusura delle attività, si vedono addirittura negare dagli stessi istituti l’utilizzo dei fondi garantiti dallo Stato. E tutto ciò non è possibile".