Sale il malcontento in Sicilia per la cosiddetta fase 2 che, di fatto, ha provocato solo una grande delusione perchè altro non è che un ulteriore prolungamento del lockdown che farà pagare alle imprese un prezzo altissimo con il rischio serio e concreto che molte di queste non potranno riaprire le loro attività. Tra i primi ad intervenire sono state le associazioni di categoria di parrucchieri e centri estetici, indubbiamente i più penalizzati visto che saranno gli ultimi ad aprire le loro attività con una chiusura imposta per un altro mese. Ma anche Confcommercio e Confesercenti, con i presidenti regionali Francesco Picarella e Vittorio Messina, non hanno risparmiato critiche al governo e alle misure contenute nel nuovo decreto. C'è tanta delusione in Sicilia, una regione per fortuna poco colpita dal Covi-19 ma altrettanto fragile dal punto di vista sociale ed economico. Una doccia fredda, l'ultimo decreto, che si somma alle difficoltà incontrate finora da molti imprenditori che non sono riusciti ad utilizzare le misure di sostegno previste dal precedente decreto, così come i lavoratori che in Sicilia non sono riusciti ancora a prendere i soldi della cassa integrazione in deroga. E in ogni caso, tanti imprenditori erano già pronti a mettere in campo tutte le misure previste dai protocolli di sicurezza per riaprire le loro attività e in questo senso avevano già investito con fiducia le loro risorse. Oggi invece aumenta la preoccupazione in tutti i comparti, a partire da quello turistico dove permane un clima di grande incertezza con le imprese e i lavoratori di tutta la filiera completamente in ginocchio e senza reali prospettive per il futuro. Insomma decisioni che, per le associazioni di categoria, non rispondono ad una precisa strategia, ci sono tante dimenticanze, il tutto condito da palesi contraddizioni come la riapertura dei giochi, con le slot machine dentro le tabaccherie, poi quella delle fabbriche e dei musei e non dei piccoli negozi che più degli altri sono in grado di rispettare le regole come dimostrano gli alimentaristi, conclude Confesercenti Sicilia. Ed è proprio sul calendario delle riaperture che si è aperto un durissimo confronto a livello regionale. Commercianti e artigiani speravano e continuano a spingere per la riapertura dal 4 maggio È una questione di sopravvivenza, hanno detto più volte in queste ore. Per non parlare poi di quelle attività per le quali il via libera ad alzare le saracinesche è previsto per il 1 giugno. E' il caso, com'è noto, di bar e centri estetici. Ma le nuove disposizioni hanno suscitato l'ira anche dei vescovi che non condividono che non si possano celebrare le messe ritenendo che lo spirito vada curato come e più delle tasche. E così da ieri sono partiti accorati appelli al presidente della Regione Nello Musumeci affinché sfrutti l'autonomia dello Statuto siciliano e allenti le restrizioni. Di fatto si dovrebbe andare in controtendenza con quanto avvenuto finora visto che i divieti nell'Isola sono stati più stringenti di quelli decisi a livello nazionale.
I numeri bassi dei contagi hanno dato ragione a Musumeci ed è sulla base di questi dati che in tanti adesso chiedono la riapertura facendo leva sul fatto che la situazione dei contagi in Sicilia è completamente diversa da quella del Nord. Anche alcuni parlamentari regionali di maggioranza hanno chiesto ieri a Musumeci di chiedere al governo nazionale una linea più morbida. Qualche altro parlamentare è andato anche oltre domandandosi cosa sarebbe successo a parti invertite, e cioè se col Sud ancora infetto e il Nord molto meno, si sarebbe imposto al Settentrione di “aspettare” il Mezzogiorno, facendo contestualmente notare, senza voler mettere la questione sul piano della contrapposizione, che paradossalmente, grazie alle parziali riaperture delle industrie, al Nord qualcosa si muove in queste settimane, mentre territori scarsamente industrializzati che hanno in commercio e turismo la fetta più alta della loro, già modesta, ricchezza continueranno a restare fermi, pur avendo una situazione epidemiologica neanche lontanamente paragonabile a quella delle regioni del Nord. Insomma, imporre altre settimane di chiusura per tantissime attività è qualcosa che agli occhi di tanti appare assolutamente ingiustificabile alla luce degli indici epidemiologici in Sicilia.