Claudio Camilleri e Alessia Sinatra, hanno chiesto 20 rinvii a giudizio per gli indagati delle inchieste antimafia “Assedio” e “Halycon” che hanno disarticolato, secondo gli inquirenti, la nuova famiglia mafiosa di Licata. Una “famiglia” che avrebbe pure stretto un accordo con la politica e la massoneria deviata per portare avanti i propri interessi economici e personali. I personaggi principali delle inchieste sarebbe il boss Angelo Occhipinti, 65 anni, l’ex consigliere comunale, nonche’ geometra dell’ufficio tecnico dell’ospedale di Licata, Giuseppe Scozzari, e il funzionario della Regione Lucio Lutri. La posizione di Scozzari e’ stata separata ed e’ gia’ a processo separatamente dopo avere rinunciato ai termini di sospensione di custodia cautelare previsti dall’emergenza Covid 19. L’udienza preliminare e’ in programma il 6 luglio davanti al gup di Palermo, Claudia Rosini. Le due inchieste adesso sono state riunite in un unico filone. Nel dettaglio, i magistrati hanno chiesto il processo – con l’accusa di associazione mafiosa – nei confronti dei presunti vertici Angelo Occhipinti e Giovanni Lauria, di Giovanni Mugnos, Giacomo Casa, il maestro venerabile Vito Lauria, il farmacista Angelo Lauria, Raimondo Semprevivo, Gabriele Spiteri, Vincenzo Spiteri, Angelo Graci e Giuseppe Galanti, tutti di Licata; e di Giuseppe Puleri, di Campobello di Licata. Al funzionario regionale Lucio Lutri viene contestato il reato di concorso esterno in associazione mafiosa per aver, secondo gli inquirenti, “messo a disposizione del clan la rete relazionale a sua disposizione in qualità di maestro venerabile della loggia massonica “Pensiero ed Azione” per informare di eventuali indagini a loro carico. Stessa accusa contestata all’ex consigliere comunale di Licata Giuseppe Scozzari la cui posizione è stata stralciata e per questo giudicata separatamente. Rischiano il processo per favoreggiamento aggravato, invece Antonino e Marco Massaro: secondo gli inquirenti avrebbero aiutato gli indagati ad eludere i controlli delle forze di polizia come nel caso dell’avvertimento dell’istallazione di una microspia nell’auto di una delle persone coinvolte. Rischia il processo anche il titolare della ditta che si è occupata delle demolizioni degli immobili abusivi a Licata: si tratta di Salvatore Patriarca di Vittoria. Per gli inquirenti avrebbe detto il falso. Stessa ipotesi di reato viene anche contestata ad Alberto Riccobene di Palma di Montechiaro.