la parlamentare di Italia Viva finita nel vortice dell'inchiesta antimafia denominata “Passepartout”, quella che ha visto finire sotto i riflettori l'ex esponente dei radicali Antonello Nicosia che, secondo la procura della Repubblica di Palermo, da portaborse della deputata, aveva avuto la facoltà di entrare nelle carceri incontrando i boss e facendosene messaggero all'esterno. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo Fabio Pilato ha rinviato a giudizio la Occhionero, che a Montecitorio era stata eletta con LEU per poi aderire al gruppo parlamentare del nuovo partito di Matteo Renzi.
Nel procedimento giudiziario scaturito dall'operazione “Passepartout” Antonello Nicosia (accusato di associazione mafiosa e di falso aggravato) sarà processato con il rito abbreviato. Lo stesso che è stato chiesto e ottenuto dai legali del boss di Sciacca Accursio Dimino e da quelli dei gemelli Paolo e Luigi Ciaccio. Questi ultimi sono accusati di favoreggiamento, che è lo stesso capo d'imputazione a carico di un altro saccense, ossia Massimiliano Mandracchia. Anche lui è stato rinviato a giudizio.
La Occhionero avrebbe fatto passare Antonello Nicosia (noto per le sue battaglie in favore dei diritti dei detenuti) per suo assistente, consentendogli di entrare con lei nei penitenziari senza autorizzazione, cosa che avrebbe permesso all'ex esponente dei radicali di avere incontri con i boss. Solo in un secondo momento, dopo tre ispezioni in istituti di pena siciliani (la prima al Pagliarelli di Palermo, le successive rispettivamente nel carcere di Agrigento e in quello di Sciacca), i due avrebbero formalizzato il rapporto di collaborazione.
Secondo i sostituti procuratori di Palermo Francesca Dessì e Geri Ferrara il procuratore aggiunto Paolo Guido, grazie alla collaborazione con l'onorevole Occhionero Antonello Nicosia avrebbe avuto la possibilità di incontrare capimafia al 41 bis. Ai magistrati, che in un primo momento l'avevano sentita come persona informata sui fatti, la parlamentare aveva riferito di essere stata ingannata da Nicosia, di non sapere di quali fossero i suoi reali intendimenti di Nicosia. Per la procura il saccense (che era stato a sua volta detenuto per avere scontato una condanna per droga) avrebbe incontrato i boss portando all'esterno i loro messaggi. Gli avvocati dell'onorevole Giuseppina Occhionero Bruno e Di Benedetto hanno commentato il rinvio a giudizio deciso dal tribunale di Palermo, precisando con fermezza – dicono – che la loro assistita è del tutto estranea ad addebiti relativi a contesti mafiosi, anche se si prende lo stesso atto con amarezza del fatto che il giudice avrebbe avuto tutti gli elementi, di fatto e di diritto, per emettere sentenza di non luogo a procedere. Si dicono certi, i legali, che riusciranno a dimostrare, davanti al giudice monocratico, quella che definiscono la assoluta liceità dei suoi comportamenti.
Un'indagine culminata ormai un anno fa nella raffica di arresti decisi dalla magistratura antimafia, e che ha fatto emergere uno scenario fatto di presunti rapporti stretti e di progetti criminosi comuni (compreso l'omicidio di un imprenditore) tra Nicosia e Accursio Dimino, quest'ultimo vecchia conoscenza di inquirenti ed investigatori sin dai primi anni Novanta, quando fu coinvolto nelle operazioni che sgominarono la famiglia mafiosa di Sciacca.
Nicosia accusato di essere stato perfino un referente del superboss latitante Matteo Messina Denaro, da cui – stando ad alcune intercettazioni – si sarebbe aspettato un segno di riconoscenza concreta. Tutte accuse che Nicosia ha respinto, chiarendo che le cose da lui dette durante le intercettazioni erano millanterie di uno che si vantava di un potere che non aveva, mentre Dimino ha aggiunto di non essere più mafioso da anni.