dell'inchiesta e del processo “Assedio – Halycon”. Sono state cheste 11 condanne per oltre 130 anni di carcere. La pena più alta - 20 anni di reclusione - è stata proposta per il presunto boss di Licata Angelo Occhipinti, mentre 10 anni sono stati chiesti per il funzionario della Regione, Lucio Lutri, che avrebbe messo a disposizione della cosca il suo potere in seno alla loggia massonica.
Un intreccio affaristico complesso che vede protagonista la provincia di Agrigento. Per il pubblico ministero della Dda di Palermo, Claudio Camilleri, la doppia inchiesta "Assedio-Halycon", eseguite da carabinieri e Ros, avrebbe disarticolato la nuova famiglia di Cosa Nostra di Licata, ma non solo.
Oltre ad Occhipinti e Lutri, sedici anni è la richiesta di reclusione per Raimondo Semprevivo, accusato, oltre che di associazione mafiosa, anche di un presunto episodio di tentata estorsione in concorso con lo stesso Occhipinti.
Sedici anni di reclusione sono stati proposti pure per Giovanni Mugnos, ritenuto "l'alter ego" di Giovanni Lauria, altro esponente di spicco di Cosa Nostra di Licata, imputato in un altro stralcio. Dodici anni per Giuseppe Puleri, presunto affiliato della famiglia di Campobello; Giacomo Casa, presunto affiliato della cosca di Licata; Vito Lauria, ritenuto "a totale disposizione della famiglia mafiosa" e per il cugino Angelo Lauria, presunto affiliato; 10 anni e 8 mesi chiesti per Giuseppe Galanti, presunto cassiere della cosca di Licata e "fedelissimo" di Occhipinti.
Chiesti dieci anni per Angelo Graci, gregario del clan che avrebbe avuto spesso il compito di presidiare i luoghi dei summit. Lucio Lutri, in particolare, si legge, "grazie alle rete relazionale a sua disposizione quale Maestro venerabile della loggia massonica "Pensiero ed Azione" di Palermo, avrebbe "acquisito e veicolato agli appartenenti alla famiglia mafiosa informazioni riservate circa l'esistenza di attività di indagine a loro carico" e sarebbe intervenuto per favori di altra natura.
Tre anni, infine, sono stati proposti per l'elettrauto Marco Massaro, accusato di favoreggiamento aggravato per avere rivelato a Mugnos dell'esistenza di microspie all'interno della sua auto. Tutte le pene richieste sono già ridotte di un terzo per effetto del giudizio abbreviato. Il gup di Palermo, Claudia Rosini, subito dopo la requisitoria, ha rinviato il processo al 18 dicembre per le arringhe dei difensori che dovrebbero durare almeno per altre tre udienze.
Altri imputati, invece, hanno scelto il rito ordinario che si celebra al tribunale di Agrigento e che riprenderà il prossimo 10 dicembre. Sul banco degli imputati siedono nove persone: Giovanni Lauria, ritenuto elemento apicale del clan licatese; Angelo Bellavia, Antonino Cusumano, Antonino Massaro, Marco Massaro, Alberto Riccobene, Salvatore Patriarca, Gabriele Spiteri e Vincenzo Spiteri. Stralciata, invece, la posizione dell’ex consigliere comunale di Licata, Giuseppe Scozzari, finito sotto inchiesta con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.