accusati di sequestro di persona e torture su disabili, evidenziano ancora una volta, quanto pericoloso possa essere l’uso improprio dei social. Lo ha dichiarato il colonnello Vittorio Stingo, comandante dei Carabinieri di Agrigento, a margine della conferenza stampa sugli arresti eseguiti ieri a Licata nell'ambito di una inchiesta che tanta indignazione e sgomento ha generato in tutta la provincia e non solo. Tre i giovani del luogo ritenuti responsabili di violenza sadica esercitata nei confronti di ragazzi portatori di handicap. Il branco, ha aggiunto il colonnello Stingo, riprendeva le sue azioni con il telefono cellulare e poi diffondeva i video tramite i social, principalmente su whatsapp. Social che, anziché essere utilizzati come mezzo di comunicazione, sono lo strumento di diffusione di immagini violente ai danni dei soggetti più deboli. Gli stessi investigatori, ai cronisti presenti alla conferenza stampa, non hanno nascosto il rammarico per le scene di violenze contenute nei video ma soprattutto per l’indifferenza e l’omertà di quanti hanno probabilmente assistito ai maltrattamenti che avvenivano anche in strada. Anche noi operatori di polizia giudiziaria, ha aggiunto il capitano Francesco Lucarelli che guida la compagnia carabinieri di Licata, visionando centinaia di volte quei video, ci siamo resi conto che in alcune circostanze, mentre le vittime chiedevano aiuto, nessuno rispondeva. Purtroppo, ha proseguito l’ufficiale dell’Arma, neanche una telefonata anonima è giunta in caserma. E sono particolari sconvolgenti ed inquietanti quelli che emergono dall'inchiesta che ha portato al fermo dei tre licatesi. Disabili picchiati, sequestrati e umiliati nella propria abitazione o per strada. In una circostanza uno dei tre invalidi sarebbe stato brutalmente pestato con un bastone, legato con del nastro adesivo e abbandonato per strada fino a quando una donna di passaggio non lo ha liberato. In altre circostanze, sarebbero stati anche umiliati con della vernice al volto e con una sostanza che provoca la caduta dei capelli. Ed ancora, legati ad una sedia con un secchio in testa e picchiati a calci, pugni e bastonate. Il tutto sempre filmato con degli smartphone e diffuso in rete, sui social con titoli di derisione. Un racconto dell'orrore, andato avanti per molti giorni, con tre vittime scelte a caso, solo perchè disabili. La loro "ribellione", dopo gli ennesimi pestaggi, ha fatto scattare l'inchiesta che la Procura di Agrigento ha delegato ai carabinieri di Licata. Durante le indagini anche il padre di una delle tre vittime ha raccontato ai militari i danni psichici subiti dal figlio. Raccolti tutti gli elementi di prova, per i tre presunti componenti della gang, di cui avrebbero fatto parte anche altre persone non ancora identificate, è scattato il fermo di indiziato di delitto firmato dal procuratore Luigi Patronaggio e dal pm Gianluca Caputo. In carcere sono finiti Antonio Casaccio, 26 anni, Gianluca Sortino, 23 anni e Angelo Marco Sortino, 36 anni. La Procura, oltre alla violazione di domicilio e al sequestro di persona, contesta il reato di tortura. Secondo i pm non si può escludere che la banda si sia resa protagonista anche di altri episodi.