roccaforti della mafia”. Lo scrive la Direzione Nazionale Antimafia nell'ambito dell'ultimo report pubblicato e presentato al Parlamento. Il report fa riferimento all'analisi del periodo compreso dal luglio 2018 al dicembre 2019. La DIA, oltre a fare riferimento alla mafia, parla anche della riorganizzazione della Stidda, sottoposta a Cosa Nostra, e del tentativo della massoneria di infiltrarsi in attività lucrose della criminalità organizzata. Resta invariata la struttura verticistica, con l’organizzazione mafiosa agrigentina suddivisa in quarantuno “famiglie” e sette “mandamenti”, ossia quelli di Canicattì, Agrigento, Burgio, del Belice, quello della “Montagna”, Palma di Montechiaro e Cianciana, che acquisiscono la denominazione dal luogo di origine del soggetto deputato a rappresentarlo e non dal paese stesso in quanto tale come accade, invece, per Palermo. Permane la capacità di Cosa Nostra agrigentina di formare alleanze al di là dei confini territoriali: in particolar modo sono stati registrati e documentati rapporti con le famiglie mafiose di Catania, Enna, Trapani e soprattutto Palermo con cui risulta in stretto e organico collegamento.
La DIA parla della forte contrapposizione tra lo schieramento facente capo alla famiglia Fragapane, di Santa Elisabetta, sostenuta in passato da boss del calibro di Totò Riina e Leoluca Bagarella, e quello, invece, guidato da Giuseppe Falsone, oggi in carcere al 41 bis e più vicino a Bernardo Provenzano. Per la DIA, con l'operazione “Montagna” del 2018, il potere dei Fragapane è stato azzerato. I numerosi arresti delle operazioni “Assedio” del giugno 2019 e “Halycon” del mese successivo hanno disarticolato, invece, la famiglia mafiosa di Licata, vera e propria enclave dello schieramento di Falsone. Nella relazione, però, la DIA ammette che, nonostante i molteplici arresti, la mafia agrigentina è sempre riuscita a riorganizzarsi, alle volte affidandosi anche a boss ultraottantenni scarcerati da poco. La leadership è salda nelle mani del latitante Matteo Messina Denaro a cui le cosche agrigentine si affidano per le decisioni più importanti e per dirimere delle controversie tra clan. Solidi i rapporti anche con le consorterie estere: la mafia agrigentina occidentale ha stretti collegamenti con Stati Uniti e Canada, mentre la parte orientale con Germania e Belgio.
Gli arresti – scrive la DIA - non hanno scalfito il muro di omertà che circonda e protegge l’organizzazione mafiosa. Infatti, non si registra alcuna collaborazione con l’Autorità Giudiziaria né da parte degli affiliati tratti in arresto né da parte delle vittime.