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18
Febbraio

Report DIA, "Cosa Nostra agrigentina roccaforte della mafia"

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Pubblicato in Cronaca

 

“Cosa Nostra agrigentina rimane una delle ultime

roccaforti della mafia”. Lo scrive la Direzione Nazionale Antimafia nell'ambito dell'ultimo report pubblicato e presentato al Parlamento. Il report fa riferimento all'analisi del periodo compreso dal luglio 2018 al dicembre 2019. La DIA, oltre a fare riferimento alla mafia, parla anche della riorganizzazione della Stidda, sottoposta a Cosa Nostra, e del tentativo della massoneria di infiltrarsi in attività lucrose della criminalità organizzata. Resta invariata la struttura verticistica, con l’organizzazione mafiosa agrigentina suddivisa in quarantuno “famiglie” e sette “mandamenti”, ossia quelli di Canicattì, Agrigento, Burgio, del Belice, quello della “Montagna”, Palma di Montechiaro e Cianciana, che acquisiscono la denominazione dal luogo di origine del soggetto deputato a rappresentarlo e non dal paese stesso in quanto tale come accade, invece, per Palermo. Permane la capacità di Cosa Nostra agrigentina di formare alleanze al di là dei confini territoriali: in particolar modo sono stati registrati e documentati rapporti con le famiglie mafiose di Catania, Enna, Trapani e soprattutto Palermo con cui risulta in stretto e organico collegamento.

La DIA parla della forte contrapposizione tra lo schieramento facente capo alla famiglia Fragapane, di Santa Elisabetta, sostenuta in passato da boss del calibro di Totò Riina e Leoluca Bagarella, e quello, invece, guidato da Giuseppe Falsone, oggi in carcere al 41 bis e più vicino a Bernardo Provenzano. Per la DIA, con l'operazione “Montagna” del 2018, il potere dei Fragapane è stato azzerato. I numerosi arresti delle operazioni “Assedio” del giugno 2019 e “Halycon” del mese successivo hanno disarticolato, invece, la famiglia mafiosa di Licata, vera e propria enclave dello schieramento di Falsone. Nella relazione, però, la DIA ammette che, nonostante i molteplici arresti, la mafia agrigentina è sempre riuscita a riorganizzarsi, alle volte affidandosi anche a boss ultraottantenni scarcerati da poco. La leadership è salda nelle mani del latitante Matteo Messina Denaro a cui le cosche agrigentine si affidano per le decisioni più importanti e per dirimere delle controversie tra clan. Solidi i rapporti anche con le consorterie estere: la mafia agrigentina occidentale ha stretti collegamenti con Stati Uniti e Canada, mentre la parte orientale con Germania e Belgio.

 

Gli arresti – scrive la DIA - non hanno scalfito il muro di omertà che circonda e protegge l’organizzazione mafiosa. Infatti, non si registra alcuna collaborazione con l’Autorità Giudiziaria né da parte degli affiliati tratti in arresto né da parte delle vittime.

 

Letto 483 volte Ultima modifica il Giovedì, 18 Febbraio 2021 13:15

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