su richiesta del sostituto procuratore della Repubblica Michele Marrone, e culminate con le notifiche di arresto eseguite a carico del riberese Alfonso Caruana, della moglie Antonina Campisciano e della palermitana di origine polacca Silvia Adamczyk. L'indagine è quella condotta congiuntamente dalle aliquote di polizia giudiziaria di carabinieri, guardia di finanza e polizia di Stato. Stiamo parlando della stessa indagine che ha acceso i riflettori su un giro di denaro che i coniugi Caruana avrebbero ricevuto da almeno 6 soggetti alla ricerca del posto fisso a cui, in cambio del pagamento di una somma non inferiore a 19 mila euro, sarebbe stato promesso un impiego alle Poste, ente da cui peraltro dipendono sia il marito che la moglie.
Alfonso Caruana si trova rinchiuso in una cella del carcere di Termini Imerese, ed è qui che è stato sottoposto ad interrogatorio; le due donne, invece, sono state sentite all'interno delle rispettive abitazioni, visto che la misura disposta nei loro confronti è stata quella degli arresti domiciliari. Tutti hanno risposto alle domande del giudice, così come tutti hanno respinto ogni accusa. L'avvocato Giovanni Vaccaro, che assiste Caruana, ha dichiarato che il suo cliente avrebbe chiarito la propria posizione nei confronti delle accuse che gli sono state contestate. Inoltre, l'uomo avrebbe fatto dichiarazioni specifiche volte a scagionare le due donne. La moglie è difesa dall'avvocato Giovanni Vassallo, la polacca dall'avvocato Nino Tornambè. La procura della Repubblica, tuttavia, ritiene di avere acquisito elementi probatori significativi che inchioderebbero tutti e tre gli arrestati a precise responsabilità, anche se è ad Alfonso Caruana che sembra essere stato chiaramente attribuito il ruolo di vero e proprio leader di quella che per gli inquirenti configura l'ipotesi di reato di associazione a delinquere finalizzata alla truffa.
L'inchiesta ha tratto spunto dalla denuncia presentata agli uffici giudiziari dalle 6 persone che si sono ritenute truffate. Il PM Michele Marrone non esclude che oltre a queste ce ne siano altre, che magari preferiscono non uscire allo scoperto per ragioni diverse, ma a cui si conta ugualmente di potere risalire. Stando ai contorni sostanziali dell'inchiesta, la procura della Repubblica e gli investigatori ritengono che il reclutamento degli aspiranti ad un impiego alle Poste avveniva a Palermo, all'interno di quello che aveva l'aria di una specie di ufficio sindacale. È qui che sarebbero avvenuti i colloqui, i pagamenti e le stipule di improbabili contratti di assunzione. Caruana avrebbe in particolare garantito l'accesso alle Poste di chi era disposto a pagare facendo credere evidentemente di avere conoscenze specifiche ai livelli manageriali più alti e in possesso di un potere decisionale assoluto, come può essere quello di disporre a piacimento della concessione di un posto di lavoro. Un sistema che, per gli inquirenti, ha permesso all'organizzazione di incassare almeno 45 mila euro.
Alfonso Caruana ed Antonina Campisciano sono delle vecchie conoscenze per le forze dell'ordine e per la magistratura. Oltre alla vicenda finita nei giorni scorsi al centro della cronaca, sono tuttora sottoposti a procedimenti giudiziaria per un'altra ipotesi di truffa. Ma non è tutto: in passato i due avevano patteggiato la pena davanti al giudice nell'ambito di un ulteriore processo scaturito ancora una volta da questioni legate a reclutamenti di soggetti a cui si prometteva un lavoro alle poste in cambio di denaro. Un metodo che avrebbe loro permesso di incamerare diverse centinaia di migliaia di euro. Se il quadro dell'ennesima accusa (aggravato adesso dall'ipotesi di associazione a delinquere) venisse confermato, significherebbe che non sono bastate le lezioni scaturite dalle indagini e dai processi subiti. I tre al momento devono rimanere agli arresti, anche se ad Antonina Campisciano, tuttora portalettere dipendente della sede centrale di Sciacca, il Gip Cucinella (con il parere favorevole del Pm Marrone) ha concesso la facoltà di uscire di casa potere tornare a lavorare e solo ed esclusivamente per il tempo necessario a osservare l'orario di lavoro.