Proprio in vista delle probabili ulteriori restrizioni, Confartigianato, Cna e Casartigiani hanno presentato al ministro per gli Affari Regionali, Mariastella Gelmini, 50 mila firme raccolte in una petizione promossa per sollecitare l’intervento del Governo a favore di un comparto che conta oltre 150 mila imprese e più di 300 mila addetti. Una mobilitazione promossa nelle scorse settimane a livello nazionale, adesso rilanciata anche a livello regionale.
“Le imprese di acconciatura ed estetica devono potere aprire nelle zone rosse – sbottano le associazioni regionali dell’artigianato –. Lo abbiamo detto più volte - dichiarano - è uno dei settori che immediatamente, lo scorso anno, ha adottato tutti i protocolli necessari per lavorare in sicurezza. E non è un caso se i saloni di acconciatura e i centri estetici non abbiano rappresentato fonte di contagio. L’organizzazione e le modalità di svolgimento dei servizi di acconciatura ed estetica, inoltre, in virtù del sistema di prenotazione adottato, non provocano assembramenti”.
E intanto monta la protesta. Acconciatori ed estetiste sono esausti. La chiusura delle attività in zona rossa, alimenta la piaga dell’abusivismo con gravi danni economici alle imprese regolari già stremate dalla crisi e favorisce la diffusione dei contagi, in quanto sono ignorati i protocolli e le misure di sicurezza. Inoltre, con estetiste ed acconciatori chiusi, c’è un intero comparto in sofferenza. Si ferma tutto: dagli acconciatori alle estetiste, dai rappresentanti ai fornitori di prodotti legati alla cura del capello e alla persona.
“Non capiamo perché gli appelli di tutte le associazioni degli artigiani restano inascoltati – aggiungono da Confartigianato, Cna e Casartigiani –. Ci siamo mossi su tutti i fronti, a livello nazionale e a livello regionale. I nostri artigiani hanno dimostrato nel tempo sicurezza e affidabilità. Non capiamo le ragioni - concludono- di far morire così un settore del mondo produttivo”.
Sono sempre di più, infatti, gli artigiani del settore Benessere costretti a chiudere definitivamente la propria attività, non riuscendo ad affrontare le spese dovute, a causa di introiti ridotti e di chiusure imposte. Già in zona rossa si lavora poco, non si può uscire e i clienti non vanno più in salone come prima, ma chiudere significa non avere nemmeno un minino di guardagno per diversi giorni. Gli affitti e le tasse rimangono, però, tali e quali. I malumori aumentano ed i guadagni diminuscono. La crisi avanza e bisogna che il governo, dal regionale al centrale, faccia qualcosa.