un altro terremoto giudiziario su Girgenti Acque, l'impresa che dal 2007 in poi ha gestito le risorse idriche in 27 dei 43 comuni della provincia di Agrigento. La procura della Repubblica ha disposto la notifica del fermo di indiziato di delitto nei confronti di otto persone. Si tratta di dirigenti e componenti del consiglio d'amministrazione, a partire dal sessantenne Marco Campione, presidente della società ma anche capo dell'omonimo gruppo imprenditoriale, ritenuto dai magistrati agrigentini al vertice di quello che gli stessi inquirenti hanno definito “un sodalizio criminale”.
Secondo l'accusa, le indagini svolte da carabinieri e fiamme gialle hanno "permesso di accertare l'esistenza di una associazione a delinquere che operava in seno alla governance della società Girgenti Acque Spa".
Oltre a Campione sono stati arrestati anche il cinquantottenne Pietro Arnone, amministratore unico di Hydortecne (società satellite di Girgenti Acque, anch'essa destinataria di interdittiva antimafia) e il responsabile tecnico della medesima società Francesco Barrovecchio, di 61 anni. Raggiunti da provvedimento di fermo anche un dipendente, il direttore amministrativo, il direttore generale, il direttore tecnico e progettazione e un membro del consiglio d'amministrazione di Girgenti Acque. Si tratta, rispettivamente, di Calogero Patti, 53 anni, di Angelo Piero Cutaia, di 51anni, di Gian Domenico Ponzo, di 54 anni, di Calogero Sala, di 61 anni, e di Igino Della Volpe, di 63 anni. Le accuse, a vario titolo, sono piuttosto pesanti, a partire dall'associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati contro la pubblica amministrazione, l’ambiente, la fede pubblica e il patrimonio. Investigatori che ritengono di avere rilevato anche diversi episodi di corruzione, abuso in atti di ufficio, falso in bilancio, inquinamento ambientale, truffa ed altro.
Un'inchiesta partita quattro anni e che ha visto finire sul registro degli indagati ben 84 persone. Per una cinquantina di loro la procura si appresta a notificare avviso di conclusione delle indagini preliminari. Nell'indagine sono finiti anche nomi piuttosto eccellenti, tra cui quelli di alcuni politici, in particolare di Gianfranco Micciché e Francesco Scoma. Sono accusati, in concorso con Marco Campione, di corruzione. Per i magistrati, in occasione delle elezioni regionali del 2017, Campione corrispose all'attuale presidente dell'Assemblea Regionale Siciliana contributi elettorali, spese di viaggi e soggiorni, e di averlo fatto senza alcuna autorizzazione da parte della Girgenti Acque S.P.A. e senza che i contributi fossero stati regolarmente iscritti nel bilancio della medesima società. Scoma, oggi deputato nazionale, finisce nell'inchiesta in quanto al tempo di quella campagna elettorale per le regionali era mandatario elettorale di Micciché.
Le manette per le persone fermate sono scattate sulla base di un provvedimento urgente, motivato dal rischio ritenuto dagli inquirenti “altissimo” di fuga degli indagati. Tra gli altri indagati c'è anche l'ex prefetto di Agrigento, Nicola Diomede destituito dall’incarico con provvedimento del ministro degli interni subito dopo che era venuta fuori la notizia dell'indagine avviata dal procuratore aggiunto Salvatore Vella.
Le indagini sono iniziate quasi 4 anni fa. A svolgerle carabinieri e guardia di finanza. Un apparato investigativo importante, coordinato dal procuratore capo Luigi Patronaggio e dall'aggiunto Salvatore Vella. Investigazioni che si sono avvalse di intercettazioni di comunicazioni e di consulenze tecniche in materia contabile ed ambientale, permettendo – sostengono i magistrati – di disvelare una potente azione di lobbying e la creazione di un vasto sistema di corruttele volto ad eludere i controlli degli enti preposti.
Tra le ipotesi più gravi quelle riguardanti la commissione di falsi in bilancio nell'ambito di quello che viene definito “un sistema di accentramento degli appalti in capo alle imprese del presidente del consiglio di amministrazione di Girgenti Acque Campione, permettendogli di operare in regime di monopolio con relativi guadagni. E ancora: contestata agli indagati l’omissione della dovuta attività di depurazione delle acque, che – hanno chiarito gli inquirenti - ha creato un danno ambientale da quantificare. Tanto più che in assenza di attività di depurazione non si sostenevano i relativi costi, e tutto questo malgrado agli utenti i predetti costi venissero ugualmente addebitati, evidentemente in maniera illecita. Il tutto ha dato vita a quello che viene considerato un quadro probatorio eterogeneo e complesso. Le indagini condotte dalla polizia giudiziaria hanno coniugato classiche procedure investigative d'intercettazione, telefoniche, ambientali e di servizi di osservazioni, controllo e pedinamento, ad un'attenta attività di verifica di bilanci societari e flussi finanziari. Per i fermati si attende adesso la decisione del Gip sulla convalida dei fermi e sulla richiesta di emissione di una ordinanza di custodia cautelare in carcere.