alla presunta mediazione di Angelo Capodicasa affinché il governo nazionale impugnasse subito la legge regionale che nel 2015 aveva tentato di ridimensionare il ruolo dei privati nella gestione dell'acqua. Sono queste solo un paio delle situazioni finite sotto la lente d'ingrandimento della procura di Agrigento. Situazioni che secondo i magistrati sarebbero rivelatrici della strettissima connessione tra Girgenti Acque e il mondo della politica, nell'ambito di quella che il procuratore capo Luigi Patronaggio ieri ha definito "una vasta rete di compiacenze nella quale sono coinvolti anche imprenditori, professionisti, pseudo giornalisti e, addirittura, anche rappresentanti delle forze dell'ordine". Emergono di ora in ora nuovi particolari che, se confermati, rivelano elementi interessanti circa il ruolo di autentico lobbysta di Marco Campione nella vita pubblica e in quella politica. Intercettazioni e pedinamenti hanno permesso fino a questo momento di disegnare un quadro che appare decisamente a tinte fosche, a partire dalle pressioni ai più alti livelli (perfino quelli del governo di Roma). Ottantaquattro indagati (92 se si considerano le 8 persone arrestate) per un'inchiesta, quella denominata "Waterloo", scattata 3 anni e che vide finire sotto inchiesta perfino l'allora capo dell'antitrust Giovanni Pitruzzella e l'ex magistrato del Cga Raffaele De Lipsis, i cui nomi continuano a comparire nei documenti giudiziari resi noti ieri. Tra gli indagati nell'operazione "Waterloo" c'è anche l'ex presidente della provincia Eugenio D'Orsi. Dovrà essere l'ufficio del Gip del tribunale di Agrigento adesso a decidere se trasformare o meno i fermi di ieri in ordinanze di custodia cautelare, così come hanno chiesto il procuratore della Repubblica Luigi Patronaggio e l'aggiunto Salvatore Vella.
Al centro di tutto c'è lui: Marco Campione, 60 anni, presidente della Girgenti Acque S.p.A. ma anche a capo di un Gruppo imprenditoriale che, come emerge dall'inchiesta, tra il 2013 e il 2017 ha ricevuto pagamenti per forniture (anche alla controllata di Girgenti Acque, ovverosia Hydortecne) per 40 milioni di euro. Girgenti Acque definita "assumificio", con molto personale che sarebbe stato segnalato dai politici, ma la società era diventata la più importante della provincia per fatturato e numero di dipendenti, che svolgeva la funzione di stazione appaltante, utilizzando i fondi pubblici “e facendo effettuare i lavori alle imprese del gruppo Campione".
E ancora: per i magistrati agrigentini "è stato permesso alle società facenti capo a Marco Campione di gestire in modo illegale e monopolista tutto il settore delle acque in provincia di Agrigento". Oltre a Campione in carcere sono finiti anche l'amministratore unico di Hydortecne Pietro Arnone e il responsabile tecnico della medesima società Francesco Barrovecchio, oltre a Calogero Patti, Angelo Piero Cutaia, Giandomenico Ponzo, Calogero Sala e Igino della Volpe, tutti al vertice di Girgenti Acque. A vario titolo sono stati contestati i reati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati contro la pubblica amministrazione, l'ambiente, la fede pubblica e il patrimonio.
Provvedimenti spiccati perché, hanno riferito gli inquirenti, c'era la possibilità di trasferire ingenti capitali all'estero, perché i soggetti destinatari delle misure sono considerati in grado di muoversi a livello internazionale, che hanno la capacità non solo di andare all'estero, ma anche di movimentare capitali su conti esteri". Tra i fatti più gravi al centro dell'indagine anche il sequestro di 13 depuratori in diversi centri della provincia e l'addebito nelle bollette dei costi di depurazione malgrado non venisse fatta alcuna depurazione. Per la procura va fatta piena luce su questa torbida storia per dare giustizia ad un’utenza bistrattata e destinataria di un servizio degno nemmeno del terzo mondo".
I politici coinvolti nell'inchiesta non ci stanno. Gianfranco Micciché (che ha ricevuto contributi elettorali da Girgenti Acque, vicenda per la quale è indagato anche l'onorevole Francesco Scoma nella qualità di suo mandatario) fa sapere che è tutto in regola, che i magistrati agrigentini potevano fargli una telefonata che lui avrebbe chiarito tutto facilmente. Vicenda, quella della gestione del servizio idrico in provincia, di cui inizialmente si era occupata anche la commissione antimafia nonché la stessa Dia. Claudio Fava parla di "clientelismi e illiceità rese possibili anche per la colpevole carenza di controlli e con la beffa di aver inflitto alla provincia di Agrigento anni di disservizio e di bollette salatissime". Di situazione piu' o meno nota parla il Movimento 5 Stelle. E mentre difende Gianfranco Micciché, evidenziando che un avviso di garanzia non è sufficiente a condannarlo, Nello Musumeci poi commenta l'inchiesta "Waterloo" sostenendo che tutti sapevano da decenni che "Agrigento sia stata la culla del malaffare sul fronte delle acque in Sicilia. Speriamo - aggiunge - che da questo momento, grazie all'impegno della magistratura, si possa fare luce".