nei confronti di 58 persone che, a vario titolo, sono state coinvolte nell'operazione di polizia giudiziaria denominata "Waterloo", quella che il mese scorso era culminata con l'emissione di 8 fermi come "indiziati di delitto" nei confronti dei vertici societari della "Girgenti Acque Spa" e della "Hydortecne Srl". Inchiesta che, stando alle conclusioni degli inquirenti, ha fatto emergere una serie di illeciti nella conduzione aziendale. In particolare, tra le ipotesi di reato formulate dal procuratore capo Luigi Patronaggio, dall'aggiunto Salvatore Vella e dai sostituti Paola Vetro, Antonella Pandolfi e Sara Varazi, c'è anche quella che a gestire il sistema idrico sarebbe stata un'associazione a delinquere tesa a commettere i delitti di frode in pubbliche forniture, violazione di sigilli, furto, ricettazione, contraffazione di marchi registrati ma anche reati tributari, societari (tra cui le false comunicazioni sociali) e anche in materia ambientale, come la contestazione riguardante il calcolo di costi per smaltimento fognario nelle bollette.
Al presidente della "Girgenti Acque" Marco Campione viene contestato, tra l'altro, il suo presunto conflitto d'interessi, considerato che ricopriva il ruolo di legale rappresentante della società che gestiva il servizio idrico integrato e, contemporaneamente, quello di gestore "di fatto" delle società del Gruppo Campione. Sotto inchiesta sono finite anche le assunzioni presso le società, alcune delle quali secondo la magistratura agrigentina sono state fatte in modo clientelare. Il tutto in un clima di presunte protezioni ai più alti livelli, perfino tra i dirigenti delle forze dell'ordine di alcuni comuni agrigentini. Sotto accusa, come si ricorderà, è finito anche l'ex prefetto di Agrigento Nicola Diomede, che forte del suo ruolo avrebbe tutelato le società idriche valutando in maniera non corretta gli elementi investigativi che indicavano una presunta infiltrazione mafiosa all'interno della società "Girgenti Acque" e non tenendo conto del parere espresso in tal senso unitariamente dalle forze dell'ordine. L'ex presidente della provincia Eugenio D'Orsi è accusato di corruzione per avere consentito, da commissario straordinario e liquidatore dell'Ato idrico, l'aumento delle tariffe idriche in cambio - questo è quanto sostengono gli inquirenti - dell'assunzione del figlio. Ci sono poi, nella lista degli indagati, il presidente dell'ARS Gianfranco Micciché e il suo fiduciario al tempo della campagna elettorale per le regionali per i contributi elettorali ricevuti da Campione. Attorno alle società idriche, dunque, secondo la procura di Agrigento avrebbe orbitato un sistema di favoritismi e protezioni.
A giugno l'indagine aveva visto il fermo di indiziato di delitto nei confronti di Campione, Pietro Arnone, Giandomenico Ponzo, Calogero Patti, Angelo Piero Cutaia, Iginio della Volpe, Francesco Barrovecchio e Calogero Sala. Gli ultimi 3 erano stati rimessi in libertà subito dai Gip (Barrovecchio e Della Volpe non si trovavano in Sicilia, a decidere su di loro erano stati i magistrati di Verbania e di Taranto), agli altri (escluso Campione) erano stati concessi gli arresti domiciliari. Successivamente il Riesame avrebbe disposto il ritorno in libertà per tutti, compreso lo stesso Campione.
Gli atti adesso passano al Gip per stabilire se e eventualmente chi dovrà essere rinviato a giudizio.