e dalla Pm Cecilia Baravelli la richiesta al Gip del tribunale di Agrigento affinché venga archiviata l'indagine sull'equipaggio della nave "Mare Jonio", rimorchiatore dell'Ong "Mediterranea", che due anni fa era finito sotto inchiesta per avere agevolato l'ingresso nel territorio italiano di 30 cittadini extracomunitari, recuperati in mare aperto e a rischio naufragio. I fatti risalgono al 10 maggio del 2019. Gli inquirenti nel loro provvedimento hanno evidenziato tutta una serie di contraddizioni contenute nelle norme vigenti, precisando come «il rimorchiatore Mare Jonio non fosse tenuto a dotarsi di alcuna certificazione che lo autorizzasse a effettuare operazioni di ricerca e soccorso per le attività di salvataggio di vite umane in mare». Al momento dei fatti, sottolinea infatti la procura della Repubblica, «non esisteva nell’ordinamento italiano alcuna preventiva certificazione diretta alle imbarcazioni civili per lo svolgimento di tale attività». La legge, infatti, pur riferendosi a "navi da salvataggio", fa riferimento alle imbarcazioni armate per il recupero e salvataggio di altre imbarcazioni, e non al salvataggio di vite umane». Insomma: non ci voleva alcuna "patente" in possesso delle Ong per potere soccorrere esseri umani che rischiavano la vita.
L'inchiesta scaturì essenzialmente dal fatto che, sulla base di un accordo Italia-Libia (costato al nostro paese 2 milioni di euro), si dovesse agevolare lo sbarco di quelle persone nel porto di Tripoli, e non a Lampedusa. Era stato contestato ai componenti l'equipaggio di non essersi coordinati con la centrale di coordinamento libica. Di fatto, però, gli indagati ammisero subito di non avere mai avuto intenzione di riconsegnare i profughi alla Libia, le cui autorità, peraltro, non rispondevano alla richiesta di soccorsi. Gli stessi inquirenti agrigentini chiariscono nella loro richiesta di archiviazione che «la condotta tenuta dalle Autorità Sar libiche non è una eccezione, perché non risulta che le autorità libiche, per le attività di ricerca e soccorso nella propria area Sar, abbiano mai indicato un porto sicuro di sbarco sul proprio territorio ad organizzazioni non governative».
Ma non è tutto. A dichiarare che Tripoli non può essere considerato un porto sicuro per l'incolumità dei profughi è stato lo stesso l'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, che interpellato in merito proprio dalla procura di Agrigento, ha risposto con un rapporto ufficiale che evidenzia un elenco spaventoso di torture, abusi, stupri, violenza sessuale e traffico di esseri umani di quel paese nei confronti di richiedenti asilo, rifugiati e migranti. Conseguenza: la Libia non è e non può essere ritenuto “luogo sicuro”. Lo stesso organismo internazionale ha poi fatto notare che «ai comandanti, che si trovano ad assistere persone in situazioni di emergenza in mare, non può essere chiesto, ordinato, e gli stessi non possono sentirsi costretti, a sbarcare in Libia le persone soccorse, per paura di incorrere in sanzioni o ritardi nell’assegnazione di un porto sicuro». In definitiva: per la procura di Agrigento l’intervento umanitario, in mancanza di prove di contatti tra Ong e trafficanti, non è mai sanzionabile: «La situazione di pericolo in cui vengono posti i migranti, infatti, che determina lo stato di necessità, è creata dai trafficanti». Che in Libia continuano ad agire pressoché indisturbati.
Intanto sono sbarcati a Lampedusa i 34 migranti - fra cui 7 donne e 16 bambini - che erano stati soccorsi in due diversi interventi in area Sar maltese dal veliero Nadir della ong Resqship. I due gruppi, approdati nella tarda serata di ieri, arrivano dalla Libia. L'ong tedesca ha puntato il dito sull'Europa: "Il fatto che le autorità statali permettano a persone in condizioni parzialmente critiche di rimanere per più di 45 ore su una nave destinata solo al primo soccorso e non all'assistenza a lungo termine e al trasporto di tanti persone è inaccettabile. Il comportamento delle autorità europee nelle ultime 48 ore è stato irresponsabile. Solo grazie ai grandi sforzi dell'equipaggio che tutte le persone a bordo del Nadir sono ora al sicuro in Europa. Non lasceremo annegare nessun essere umano".