Una stima dei danni è prematura, anche perché l’allerta meteo ufficialmente non è ancora cessata. Sembra non ci siano dubbi che la gravità delle conseguenze sia di gran lunga superiore a quella del 2016. L’unica nota positiva è che non ci sono state vittime, ma c’è mancato poco.
L’ennesimo straripamento del torrente Cansalamone ha allagato gran parte delle aree circostanti, insinuandosi negli scantinati ma anche ai piani bassi, con danni pesantissimi per residenze e attività produttive.
La via Lido si è confermata ancora una volta una delle arterie più vulnerabili dell’intero centro abitato. Una ventina di famiglie sono state evacuate durante la notte perché i loro appartamenti non erano più sicuri.
Una voragine ha letteralmente inghiottito le auto parcheggiate all’altezza di un edificio, che naturalmente è stato danneggiato e adesso bisognerà metterlo in sicurezza. I punti da dove si riversa puntualmente ad ogni temporale la cascata di acqua, fango, detriti e liquami fognari sono diventati 2. Ieri la via è stata interdetta al transito veicolare. Protezione civile e vigili del fuoco hanno avuto il loro da fare per cercare di mettere in salvo le persone. La rottura degli argini del Cansalamone ha fatto il paio con l’ingrossamento del torrente Foce di Mezzo e con l’esondazione del torrente San Marco. Quest’ultimo evento ha generato allagamenti pericolosissimi nella zona della Foggia, dove alcuni residenti sono stati letteralmente costretti a “nuotare” all’interno delle loro case tra mobili e suppellettili che galleggiavano per potersi guadagnare la via di fuga e mettersi in salvo. Isolati i residenti di una quarantina di villette in via Ghezzi, con le case inaccessibili per la gran quantità di fango che si è riversata sulla sede stradale. La violenza della pioggia ha divelto anche pezzi di asfalto nel piazzale dello Stazzone, mentre a Gaie di Garaffe la furia dell’acqua ha fatto spostare le barriere new jersey in cemento armato. Ma non è tutto: gli stessi natanti ormeggiati nei pontili galleggianti hanno subito gravissimi danni e i casotti dei circoli nautici sono stati spostati dall’acqua dalla loro sede. Frane, smottamenti, rotture delle fognature e delle reti idriche, cancelli divelti e allagamenti. Ieri pomeriggio si era temuto anche per un possibile disperso dopo il ritrovamento di un trattore al centro della strada nei pressi dell’argine del fiume Carboj, tra Sciacca e Menfi. Per fortuna il proprietario del mezzo agricolo era a casa al sicuro, ma lo si è scoperto solo in serata.
L’evento meteorologico è stato dunque tra i più gravi della storia cittadina, richiamando alla memoria non tanto l’alluvione del 2016 quanto quello precedente del 1991. È indubbio, e d’altronde sono i fatti a confermarlo, che dal punto di vista idrogeologico Sciacca sia una città assai vulnerabile. L’antropizzazione del territorio in ogni latitudine è stata sicuramente eccessiva, ma probabilmente la violenza delle precipitazioni di ieri sarebbe stata difficilmente sopportabile anche se Sciacca fosse stata la città più ambientalista e salvaguardata del pianeta. Le dietrologie, dunque, specialmente oggi, dovrebbero essere messe da parte.
Danni del maltempo che hanno colpito duramente anche le zone rurali, cancellando diverse strade di campagna e causando inevitabilmente conseguenze anche al raccolto delle olive. Non solo Sciacca è stata devastata dal maltempo. Tra i comuni piu’ colpiti anche Menfi, dove un’altra ventina di famiglie sono state evacuate anche mediante l’utilizzo di gommoni della protezione civile. Situazione molto grave anche quella che si è verificata a Castelvetrano.