di Lampedusa del 3 ottobre del 2013 originariamente sepolti al cimitero di Sciacca e poi, nei mesi scorsi, trasferiti dai loculi loro assegnati nel campo comune ufficialmente perché non identificati. Il nostro Telegiornale si era occupato della vicenda, finita anche sotto i riflettori della stampa nazionale, apprendendo (attraverso la testimonianza di don Mussie Zerai, il prete attivista per i diritti dei rifugiati) che in realtà si sapeva chi fossero le vittime attraverso analisi e comparazioni del Dna effettuate su disposizione dell'ufficio del commissario straordinario per le persone scomparse del ministero dell'interno. Nelle scorse ore è stata Repubblica a riprendere la testimonianza di Birkti Kidane, sorella di Selam, la cui salma era stata sepolta a Sciacca con il numero 244. Ha raccontato che ogni anno per l’anniversario dalla morte viaggiava dalla Svizzera alla Sicilia per portare un fiore alla congiunta. "Per noi quella era la tomba di famiglia perché nel 2006 era morta un’altra delle mie sorelle in un naufragio, ma il corpo non fu mai recuperato”. Dal 2018, prima per ragioni personali, poi per l'intervenuta pandemia, Birikti non è più riuscita a tornare a Sciacca. L'ultima volta ha trovato il loculo della sorella vuoto. Uno dei dieci loculi messi a disposizione dal comune di Sciacca. Sulla vicenda indaga la procura di Sciacca, mentre don Mussie Zerai continua a ribadire che su questa vicenda occorre al piu' presto fare piena luce.