nasce dalle ricerche del boss latitante Matteo Messina Denaro coordinate dal procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido. Il fratello di Guttadauro, Filippo, è cognato del padrino di Castelvetrano. Guttadauro, già condannato due volte per mafia, boss del quartiere Brancaccio, scarcerato nel 2012, venne coinvolto nell'indagine, denominata talpe alla Dda, che costò una condanna per favoreggiamento alla mafia a 7 anni all'ex governatore siciliano Totò Cuffaro. L'inchiesta, coordinata dai pm della dda dell'epoca, Maurizio de Lucia e Michele Prestipino, svelò, proprio partendo dagli accertamenti sul medico, una rete di informatori che davano notizie riservate su indagini in corso tra l'altro all'imprenditore mafioso Michele Aiello e allo stesso Guttadauro. Il nome del presidente della Regione, Salvatore Cuffaro, emerse da una intercettazione effettuata a casa del boss di Brancaccio, poco prima che questi scoprisse l'esistenza di una microspia nella propria abitazione. E' il 15 giugno 2001 e la cimice registra: ''Ragiuni avia (ragione aveva, ndr) Toto' Cuffaro''. La frase costituì lo spunto per gli accertamenti che svelarono che a riferire al boss l'esistenza di microfoni piazzati dai carabinieri del Ros nel suo appartamento era stato il medico Domenico Miceli, "delfino" di Cuffaro che, a sua volta, aveva avuto l'informazione da Cuffaro. Giuseppe Guttadauro (per il quale sono stati disposti gli arresti domiciliari) e il figlio Mario Carlo (finito in carcere), sono accusati di associazione di tipo mafioso. Ai due viene contestata l’appartenenza alla famiglia di Cosa nostra di Palermo-Roccella (inserita nel mandamento di Brancaccio-Ciaculli) e l’intervento sulle più significative dinamiche del mandamento mafioso di Villabate- Bagheria. Nell'ambito della stessa indagine sono indagati, ma non destinatari di provvedimenti cautelari, altri soggetti palermitani, tre dei quali sono considerati affiliati alla famiglia di Palermo-Roccella e due, in concorso con Mario Carlo Guttadauro, di lesioni aggravate.