sindaco di San Biagio Platani Santino Sabella respinge tutte le accuse e le motivazioni che hanno portato alla sua condanna in primo grado nell'ambito del processo scaturito dall'operazione antimafia denominata “Montagna”. L'ex primo cittadino è stato condannato a 6 anni e 8 mesi, con l'accusa di aver stretto un patto elettorale ed affaristico con Giuseppe Nugara, a sua volta accusato di essere il boss del piccolo comune montano. Una volta conosciute le motivazioni, Santino Sabella ha voluto dire la propria attraverso una memoria difensiva: “Non sono asservito alla mafia, sono state completamente ignorate le prove difensive fornite nel corso del processo di primo grado. Le prove difensive sono state trascurate inspiegabilmente a totale smentita di una accusa di concorso esterno in associazione mafiosa che ho sempre respinto con fermezza e dalla quale mi sono sempre difeso”.
Evidentemente Sabella, come strategia, è passato al contrattacco quando afferma e scrive che: “il tribunale ha ratificato l'impostazione accusatoria del pubblico ministero” e che “nella motivazione c'è una riproduzione testuale delle singole parole e degli argomenti utilizzati dal pubblico ministero che ha sostenuto l'accusa nei miei confronti. Sono stati utilizzati persino – scrive sempre Sabella – contenuti di intercettazioni svolte durante le indagini la cui perizia descrittiva ne aveva accertato l'erroneità”. Per Sabella “la mia sindacatura è stata al servizio della comunità per la quale mi sono speso con passione e onestà, nella sentenza sono stati stravolti i fatti e la mia condotta di amministratore, che per sua scelta non ha mai gestito un solo appalto affidandolo ad enti terzi”. Un vero e proprio “j'accuse” verso il tribunale ed i magistrati che hanno condotto le indagini e il processo “Montagna”. Un cambio netto di strategia che, solo il tempo e il processo d'Appello, diranno se sarà stato vincente o meno.