Lo sottolinea la Direzione investigativa antimafia nella relazione al Parlamento per il primo semestre 2021. Per la Dia "nonostante la lunga latitanza il boss di Castelvetrano resterebbe il principale punto di riferimento per far fronte alle questioni di maggiore interesse che coinvolgono l’organizzazione oltre che per la risoluzione di eventuali controversie in seno alla consorteria o per la nomina dei vertici di articolazioni mafiose anche non trapanesi". Tuttavia, stando a quanto si legge nella relazione dell'antimafia, benché continui a beneficiare della fedeltà di molti sodali, negli ultimi anni sarebbe cresciuto "uno strisciante malcontento in alcuni affiliati, insoddisfazione connessa con le problematiche derivanti dalla gestione della lunga latitanza peraltro resa difficile dalle costanti attività investigative che hanno colpito in larga parte la vasta rete di protezione del boss".
Dalla relazione della Dia si evince poi come lo spessore criminale della provincia di Agrigento sia ancora di primissimo piano. Un territorio dove coesistono Cosa nostra e Stidda, che dopo le tensioni e i morti ammazzati degli anni Novata oggi hanno dato vita ad una autentica pax mafiosa, con un livello di convivenza finalizzato alla risoluzione di problematiche comuni, nonché alla individuazione e alla spartizione delle attività criminali da perpetrare sul territorio di competenza. Ma non è tutto. In alcuni comuni della provincia risulterebbero essere attivi gruppi su base familiare quali le famigghiedde e i paracchi che agiscono secondo le tipiche logiche mafiose non contrapponendosi a cosa nostra e alle consorterie stiddare e addirittura agendo spesso d’intesa con le stesse o in ruoli di cooperazione ovvero subalternità.
Il settore criminale di maggiore riferimento rimane quello della droga. In provincia di Agrigento sono stati calcolati 7 mandamenti con 42 famiglie mafiose. Recentemente la famiglia di Licata sarebbe confluita nel mandamento di Canicattì, lasciando quello di Palma di Montechiaro. In seno alla realtà criminale della provincia agrigentina cosa nostra continua a rivestire un ruolo di supremazia evidenziando un’organizzazione strutturata in maniera verticistica da sempre ancorata alle tradizionali regole ma ose e in stretta connessione con le omologhe articolazioni mafiose catanesi, nissene, palermitane e trapanesi del resto non disdegnando di intrattenere rapporti anche con realtà criminali “oltre lo Stretto”. Assunto questo confermato, oltre che da pregresse attività investigative anche dagli esiti della operazione “Xydy” conclusa il 2 febbraio 2021 e incentrata sul mandamento di Canicattì dalla quale sono emersi quelli che sono stati definiti “…continui e strettissimi…” contatti tra alcuni esponenti di quel mandamento con sodali di altre province siciliane, finalizzati alla organizzazione e alla gestione di lucrosi affari.