Con questa motivazione gli avvocati Santo Lucia e Giovanna Morello hanno chiesto ai giudici del Tribunale della Libertà la scarcerazione di Gaetano Sciortino, l'operaio di 53 anni di Cattolica Eraclea arrestato nello scorso mese di ottobre con l'accusa di avere brutalmente ucciso Giuseppe Miceli, il marmista di 67 anni massacrato il 6 dicembre del 2015. Secondo la difesa, nel luogo dove si è consumata la tragedia, sono state trovate tracce ematiche di altre persone, addirittura di un familiare del marmista. Per tale ragione, il quadro indiziario, per i due legali, appare molto precario e occorre indagare su questa versione alternativa. La svolta nelle indagini sul brutale omicidio di Giuseppe Miceli, il cui cadavere fu rinvenuto all'interno del suo laboratorio il 7 dicembre del 2015, si è avuta il 20 ottobre scorso quando i Carabinieri del comando provinciale, in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale di Agrigento, hanno arrestato Sciortino a conclusione di due anni di indagini. Ad incastrare l'operaio è stata una scarpa rinvenuta in una campagna dove l'uomo si era recato e che coincide perfettamente con l'impronta di scarpa trovata dai Carabinieri sul luogo del delitto. Il corpo di Miceli, la mattina del 7 dicembre di due anni fa, venne rinvenuto dal fratello del marmista all'interno dell'immobile dove la vittima svolgeva la sua attività lavorativa. Una scena raccapricciante, quella che si presentò agli occhi del fratello di Miceli: il cadavere dell'artigiano aveva il volto completamente tumefatto, con macchie di sangue sparse ovunque. Dai rilievi tecnici e dall'autopsia, emerse immediatamente che la morte dell'uomo era stata determinata da una brutale aggressione con corpi contudenti, utilizzati per colpirlo violentemente al volto, al capo e al torace. Oggetti rinvenuti e sequestrati dai Carabinieri sul luogo del delitto. Le successive indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica di Agrigento, sviluppate mediante l'acquisizione di testimonianze di numerose persone che conoscevano la vittima e dei filmati di alcune telecamere esistenti nella zona, consentirono di accertare che Gaetano Sciortino la mattina del 6 dicembre del 2015 aveva pedinato per diverse ore la vittima Giuseppe Miceli. L'esame approfondito dei filmati consentì di concentrare l'attenzione su una fiat punto di colore nero il cui conducente, oltre a pedinare il marmista, effettuava delle soste prolungate agli angoli delle strade da dove era possibile osservare i movimenti di Miceli. Le verifiche sulla targa dell'auto ed altri accertamenti hanno consentito di individuare Gaetano Sciortino quale conducente della Fiat Punto. La svolta nelle indagini è stato poi il rinvenimento, in un'area rurale di Cattolica Eraclea dove Sciortino si era recato, di una scarpa della stessa misura di quelle usate dall'uomo, e perfettamente corrispondente all'impronta di scarpa trovata dai Carabinieri all'interno del laboratorio della vittima. Ieri mattina l'udienza al Tribunale della Libertà durante la quale i legali dell'operaio hanno chiesto di annullare il provvedimento restrittivo. I giudici decideranno entro lunedì prossimo se confermare o meno l'ordinanza cautelare.