per aver detenuto la cassaforte del superlatitante Matteo Messina Denaro, a tornare a fare il nome di Giovanni Franco Becchina, 78 anni, imprenditore castelvetranese, noto commerciante internazionale di opere d'arte e reperti di valore storico-archeologico. Grigoli ha raccontato ai pm della direzione distrettuale antimafia di Palermo di aver ricevuto da Becchina, nel periodo tra il '99 e il 2006, delle buste piene di soldi da consegnare a un tramite d'eccezione, Vincenzo Panicola, il cognato del boss superlatitante. Ecco da dove scaturisce l'ultimo provvedimento di sequestro richiesto dalla Direzione Investigativa Antimafia di Trapani nei confronti Becchina. Nel mirino sono finite le sue aziende, ma anche terreni, conti bancari, automezzi, e immobili, per un valore complessivo di svariati milioni di euro, difficile da quantificare anche per gli stessi investigatori. Tra i beni finiti sotto sequestro c'è la società di produzione di olio extravergine d'oliva di Giovanni Franco Becchina. Ma sotto sequestra è finita anche la parte di proprietà privata di palazzo Pignatelli, ovvero l'ala dove sorge l'antico castello Bellumvider di Castelvetrano, la cui edificazione si fa risalire a Federico II. Becchina è stato titolare in passato di una galleria d'arte a Basilea, in Svizzera e di imprese in Sicilia nei settori del commercio di cemento, nella produzione e commercio di prodotti alimentari e olio d'oliva. Becchina si difende, definendosi “un collezionista estraneo a qualsiasi vendita illegale di oggetti d’arte”. E racconta di aver trattato affari con i maggiori musei del mondo. Le indagini della Direzione investigativa antimafia di Trapani vengono coordinate dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e dal sostituto Geri Ferrara. Il decreto di sequestro è stato autorizzato dalla sezione Misure di prevenzione del tribunale di Trapani presieduto da Piero Grillo. Sotto la lente d'ingrandimento sono tornati almeno trent’anni di indagini nei confronti di Becchina. Fino ad ora tutte senza esito. Inchieste fin qui tutte concluse, in un caso anche con una sentenza che dichiarava la prescrizione su tanti presunti traffici internazionali di reperti archeologici di cui era stato accusato. Negli anni scorsi, alcuni pentiti di mafia avevano parlato dei presunti buoni rapporti fra Becchina e don Ciccio Messina Denaro, il papà di Matteo. Fu Giovanni Brusca a rivelare che l'amore dell'attuale superlatitante per l'archeologia gli era stato trasmesso dal padre. Da qui l'ipotesi che la mafia rubasse addirittura la statua del Satiro Danzante, con l'0biettivo di nasconderlo in Svizzera.