1962 al largo delle coste del nord Africa, è approdato all'attenzione della Procura della Repubblica di Sciacca. Questo perché il saccense Accursio Graffeo, nipote di Filippo, uno dei marinai scomparsi, e promotore delle ricerche, ha presentato, qualche mese fa, una denuncia-querela per far riaprire il caso, anche a livello internazionale. Si tratta di uno dei misteri navali più importanti ed inquietanti del secolo scorso, che si intreccia con le faide politiche tra Italia e Francia, con la guerra di liberazione dell'Algeria e, probabilmente, anche con le vicende che portarono alla morte tragica di Enrico Mattei, fondatore dell'ENI.
La Procura di Sciacca, adesso, ha chiesto l'archiviazione per il caso Hedia, fasciolo che era stato aperto per “sequestro di persona”, un'ipotesi di reato caduta in prescrizione a 60 anni di distanza da quei fatti. Il legale della famiglia Graffeo, l'avvocato Enrico Di Benedetto, ha presentato opposizione alla richiesta di archiviazione allegando, al contempo, tutta una serie di elementi e suggerimenti che potrebbero far riaprire le indagini. Questa opposizione sarà discussa nel corso di un'udienza che sarà fissata prossimamente dal GIP. Si chiede, insomma, che la Procura non indaghi per sequestro di persona, ma per omicidio, un reato non prescrivibile, e che si portino avanti delle indagini suppletive ascoltando le testimonianze dei familiari di quei marinai e chiedendo documenti ed informazioni supllementari ai ministeri italiani e francesi, e all'ambasciata francese in Algeria.
Stando alla ricerche, si desume, infatti, che quei marinai, compreso il saccense Filippo Graffeo, appena ventenne, siano stati uccisi in Algeria, probabilmente all'interno dell'ambasciata francese e, comunque, nel corso dell'epilogo di quella sanguinosa guerra civile. Accursio Graffeo, attraverso il suo legale Enrico Di Benedetto, chiede il procedimento non venga archiviato, ma che, invece, venga fatta chiarezza e piena luce su quella tragedia che ha sconvolto la vita di 19 famiglie che non hanno saputo più nulla dei loro cari. Non un naufragio, quindi, ma un sequestro terminato nel peggiore dei modi, con una nave, la Hedia, che era giunta al suo ultimo viaggio prima della demolizione, e con il suo equipaggio, ignaro di tutto, finito al centro di indicibili interessi internazionali. Del resto già il Presidente del Consiglio dell'epoca Amintore Fanfani, a margine di un incontro con i parenti dei marittimi della HEDIA che chiedevano notizie, pronunciò la criptica frase: “Per venti persone non si può fare una guerra”.