si abbatte sul versante occidentale della Sicilia. Ad essere particolarmente colpite le province di Agrigento e Trapani. Le strade sono in ginocchio. Auto intrappolate, fiumi di fango che si riversano sulle carreggiate, e allagamenti non solo negli scantinati ma anche ai piani più bassi. C'è chi, tra le attività commerciali, perde tutto. Un danno incalcolabile. In ginocchio finiscono diversi territori: Castelvetrano, Sciacca, Ribera, Caltabellotta e altri comuni. Da queste parti è il torrente Cansalamone a rompere gli argini. Sì, sempre lui, il torrente Cansalamone, autentico tallone d'Achille della tenuta idrogeologica di Sciacca. Le conseguenze di questo episodio sono disastrose. Frane, allagamenti, cedimenti stradali, danni su danni. E dire che l'allerta diramata nelle ore precedenti dalla Protezione civile è solo (si fa per dire) arancione. Intanto le vie di comunicazione urbane ma anche quelle extraurbane subiscono numerose interruzioni. E accade perfino l'imponderabile. Nella parte orientale del territorio si perdono le tracce di Vincenzo Bono, sessant'anni. I resti accartocciati della sua vettura vengono rinvenuti a Muciare. Di lui, però, nessuna traccia. Non verrà più ritrovato, e le ricerche, andate avanti per settimane, si concluderanno senza alcun esito. Una tragedia che oggi viene onorata con il ricordo istituzionale da parte del Comune di Sciacca. “Un evento terribile – dice il sindaco Francesca Valenti – che la città ricorda con dolore, per il trauma vissuto, per le profonde ferite che ha lasciato e, soprattutto, per la scomparsa di un nostro concittadino, Vincenzo Bono, sparito nel nulla e a lungo cercato per restituire almeno il corpo ai suoi cari che ancora lo piangono. A lui va il nostro commosso ricordo, con un abbraccio affettuoso ai familiari”. Un'alluvione, quella del 25 novembre 2016, che è una sorta di spartiacque della stessa storia della città di Sciacca. Nulla, da allora, è più lo stesso. Sciacca tornerà ad accorgersene appena due mesi dopo, quando il 25 gennaio il territorio va di nuovo in crisi, anche se con conseguenze per fortuna non certamente assimilabili a quelle di otto settimane prima. Sotto i riflettori c'era, ma purtroppo c'è ancora, il rischio idrogeologico, quelle opere di prevenzione che si attendono ancora da un governo della Regione che con l'allora presidente Rosario Crocetta raggiunse i luoghi colpiti dal nubifragio garantendo interventi a sostegno dei comuni colpiti nell'ambito di una dichiarazione di uno stato di calamità naturale al quale, però, non sono ancora seguiti i necessari interventi economici. Ma da allora le squadre della Protezione civile sono sempre al lavoro per cercare di essere pronte per ogni evenienza, nel segno di un'impostazione culturale incentrata sulla prudenza che non è mai troppa. Ad esondare quel drammatico 25 novembre è anche il fiume Verdura, che costringe le autorità a chiudere la statale 115, tagliando ancora una volta in due la provincia di Agrigento. Straripa anche il Magazzolo, mentre la strada Sciacca-Caltabellotta continua ancora oggi a testimoniare il retaggio di quel nubifragio, con numerosi tratti franati e non più riparati, a parte un tratto che aveva costretto le autorità a chiudere la strada. Sempre a Caltabellotta un'intera zona viene evacuata per colpa di una frana. Diverse famiglie costrette a stare fuori dalle proprie case per diverso tempo in attesa degli interventi di messa in sicurezza. E a Sciacca quel venerdì si registra anche il dramma delle scuole. Alcuni istituti mandano improvvisamente a casa i ragazzi, ma è una decisione improvvida, avventata, assunta in un clima di incertezza, difficoltà e paura. Decisione presa forse nel momento più critico dell'alluvione, quando cioè la situazione più sicura per l'incolumità dei ragazzi sarebbe stata quella di farli rimanere a scuola, al riparo. Ma col senno di poi ogni considerazione è fin troppo facile. A un anno di distanza rimangono ancora tanti nodi irrisolti, tante opere di prevenzione che non si possono fare perché, manco a dirlo, non ci sono i soldi. E poi quando accade l'imprevedibile, si piangono le più drammatiche delle lacrime di coccodrillo.