essendo stato effettuato dopo trent'anni di latitanza, le notizie attorno alle indagini sulla figura e sui fiancheggiatori di Matteo Messina Denaro continuano a suscitare interesse diffuso. Notizie che fanno anche molto discutere, e che alimentano dibattito ma naturalmente anche un certo complottismo. Come quella della ex primula rossa di Cosa nostra in fila al supermercato come uno qualunque a comprare espressamente tritato, birra e il detersivo. Mentre ci si domanda come sia stato possibile che il boss si mostrasse serenamente senza essere riconosciuto, a prescindere dal fatto che disponesse dell'identità di un'altra persona, nelle ultime ore gli investigatori hanno ritrovato gli storici Ray Ban da sole a goccia che indossava Matteo Messina Denaro da ragazzo, ma anche una bottiglia di champagne e il libro "Facce da mafiosi". Si trovavano nella casa della famiglia del capomafia, in via Alberto Mario a Castelvetrano.
Intanto ha deciso di avvalersi della facoltà di non rispondere ai magistrati che lo hanno interrogato dopo l'arresto scattato due sere fa Andrea Bonafede, il geometra di Campobello di Mazara che ha prestato il suo nome e i suoi documenti al boss, e che deve rispondere dell'accusa di associazione mafiosa e favoreggiamento aggravato. Il sostituto procuratore della Repubblica di Palermo Andrea Padova, ma anche il Gip Alfredo Montalto che ha autorizzato l'arresto, ritengono che Bonafede sia un uomo d'onore a tutti gli effetti, affiliato in maniera riservata, perché non è credibile che il numero uno dei ricercati in Italia potesse disporre dell'aiuto di qualcuno che non fosse pienamente addentro alle dinamiche mafiose. Indagini che proseguono, e che mantengono alta, anzi altissima l'allerta, considerato che al procuratore aggiunto Paolo Guido, che insieme al procuratore capo Maurizio De Lucia ha coordinato l'inchiesta condotta dai carabinieri del Ros e culminata con l'arresto di Messina Denaro, è stata rafforzata la scorta.
E sono tante le cose ancora da scoprire da parte di inquirenti e investigatori. Difficile pensare che il boss si penta e decida di collaborare con i magistrati. E questo al di là del fatto che sia una persona malata e probabilmente più vulnerabile di prima. È più auspicabile, piuttosto, immaginare che a parlare possano essere coloro che lo hanno fiancheggiato fino all'ultimo momento. E qualcuno per questo potrebbe anche già tremare, e non solo all'interno di Cosa nostra.