sarebbero nuovamente iscritti nel registro degli indagati con l'accusa, esattamente come 20 anni fa, quando furono condannati in via definitiva, di aver favorito la latitanza del capomafia arrestato il 16 gennaio scorso. Ieri i carabinieri del Ros hanno perquisito le loro abitazioni ad Aspra, borgata marinara di Bagheria, ma anche una casa di campagna e la torrefazione di famiglia, sequestrando i cellulari e i pc dei due fratelli. Maria Mesi fu condannata in primo e in secondo grado per favoreggiamento aggravato alla mafia. La Cassazione annullò l'aggravante sostenendo che il rapporto sentimentale con il boss escludesse l'agevolazione di Cosa nostra. Per quell’inchiesta, Francesco Mesi patteggiò la pena. Tra i favoreggiatori della lunga latitanza del padrino sono già in cella Andrea Bonafede, il geometra di Campobello di Mazara e prestanome del boss, e Giovanni Luppino, l'incensurato autista che ha accompagnato il boss alla clinica Maddalena nel giorno dell'arresto. Indagati invece Antonio e Vincenzo Luppino, figli dell'agricoltore arrestato, e Alfonso Tumbarello, il medico del boss. E le indagini proseguono. Intanto partirà da Castelvetrano, città natale del capomafia, l'attività itinerante della Commissione Regionale Antimafia, presieduta dal deputato Antonello Cracolici. Una scelta che ha un grande valore anche simbolico, in una città che cerca il riscatto dopo l'arresto di Matteo Messina Denaro. La Commissione Regionale Antimafia sarà a Castelvetrano giovedì prossimo 2 febbraio. Alle 10.30 si riunirà nell'aula consiliare del Comune insieme con il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza presieduto dal Prefetto di Trapani Filippina Cucuzza. A seguire, alle ore 12, la commissione Antimafia incontrerà i sindaci della provincia. "Avviamo un lavoro itinerante per la Sicilia fatto di incontri, conoscenza e contatto diretto con i territori - dice il presidente della commissione Antonello Cracolici - partiamo da Castelvetrano, a pochi giorni dalla cattura del boss Matteo Messina Denaro, per ribadire la vicinanza delle istituzioni e per comprendere cosa è possibile fare per sostenere il contrasto alla mafia nei luoghi dove questa ha radici più profonde, non solo dal punto di vista amministrativo ma anche sociale e culturale", ha concluso Cracolici.