messi a segno al comune di Trapani rispettivamente nel 2015 e nel 2018, le cinque carte di identità intestate ad altrettanti cittadini incensurati di Campobello di Mazara ma trovate nel covo di Matteo Messina Denaro di vicolo San Vito dopo il suo arresto. E' questa l'ultima pista investigativa seguita dagli inquirenti, che stanno cercando di ricostruire, punto per punto, la latitanza del capomafia. I due episodi, che erano stati considerati finora di criminalità comune, potrebbero adesso assumere una connotazione totalmente diversa. Le carte d'identità rubate erano tutte in bianco. Secondo gli investigatori sarebbero state poi compilate con le generalità dei 5 campobellesi. Identità che, almeno questo si presume, potrebbero essere state utilizzate dal boss, per potere avere altri alias oltre a quello diventato celebre del geometra Andrea Bonafede. Al documento sarebbero stati aggiunti la foto di Messina Denaro - nel covo c'erano diverse foto tessera - e il timbro del comune di Campobello. Un procedimento complesso sul quale i pm cercano di far luce che difficilmente il boss avrebbe potuto realizzare senza le complicità di altri. A partire evidentemente dalla necessità di individuare possibili connivenze perfino all'interno dello stesso comune.
Sono tante le domande ancora senza risposte. Risposte che, almeno questa è la sensazione, difficilmente verranno dallo stesso Messina Denaro. Che fino ad oggi, stando a quanto si apprende, ha parlato solo per chiedere cure specifiche per il tumore di cui è affetto. Eppure i servitori dello Stato più accreditati non si rassegnano. È il caso del procuratore aggiunto di Firenze Luca Tescaroli, titolare di alcuni fascicoli d'indagine sulla mafia, tra cui l'attentato di via dei Georgofili, per il quale "una eventuale collaborazione di Matteo Messina Denaro con la giustizia, 'visto il ruolo ricoperto' nelle stragi del 1992-93 e altri crimini efferati, potrebbe essere un elemento molto importante per sapere se vi sia stata una convergenza di interessi nello stragismo da parte di soggetti esterni a Cosa nostra". Secondo Tescaroli l'arresto di Messina Denaro è stato "un risultato straordinario", ma "per sapere in che termini questo possa consentire di aprire a nuove conoscenze, bisognerà attendere l'esito delle indagini e soprattutto la volontà di Matteo Messina Denaro".
Il dibattito sull'arresto di Messina Denaro nel frattempo sta alimentando quello sulla misura repressiva dell'applicazione dell'articolo 41bis dell'ordinamento giudiziario. Un regime, quello del carcere duro, che ai mafiosi naturalmente disturba molto, cosa questa rivelata da numerosi riscontri e da specifiche dichiarazioni fatte dai collaboratori di giustizia. L'argomento soffia sul fuoco dello scontro politico, dopo la vicenda dello sciopero della fame attuato dall'anarchico Alfredo Cospito, che protesta contro il 41bis, che viene normalmente applicato anche a chi è stato giudicato colpevole di reati eversivi.