per il pagamento del premio di una polizza vita deve essere comunicata personalmente al cliente interessato, e non è sufficiente ritenere di avere adempiuto a questo obiettivo attraverso una campagna pubblicitaria sui giornali.
A stabilirlo sono stati due tribunali (quello civile di Sciacca e la corte d'appello di Palermo). Entrambi, infatti, hanno giudicato fondata l'istanza di un nucleo familiare (madre e 2 figli) che nel 2012, quattro anni dopo la morte del capofamiglia, avendo appreso che questi aveva stipulato una polizza assicurativa con Poste Vita, aveva richiesto alla predetta compagnia il pagamento del premio che gli competeva. Poste Vita però aveva risposto che quel premio (dell'ammontare di circa 17.500 euro) era già stato versato al “Fondo per l'indennizzo dei risparmiatori vittime di frodi finanziarie”, procedura questa prevista dalla legge per tutte le polizze cosiddette “dormienti”, così come si definiscono quei rapporti che, dopo un certo periodo di tempo, non vengono più reclamati da alcuno. Una procedura adottata sulla base del termine prescrizionale di 2 anni che, evidentemente, era già scaduto. La polizza era stata stipulata nel 2005, il contraente era deceduto nel 2008, la richiesta di pagamento del premio nel 2012.
L'avvocato Luigi Licari del Foro di Sciacca, a cui si sono rivolti i familiari dell'uomo che aveva stipulato la polizza, ha evidenziato non solo che il contratto originario stabiliva una prescrizione decennale, ma che Poste Vita non aveva neanche rispettato l'impegno assunto dalla stessa compagnia con l'Autorità Garante del Mercato. Impegno in cui si stabiliva che, di fronte alla mutazione del precedente impegno aziendale (con termini prescrizionali nel frattempo scesi da 10 a 2 anni anche sulla base di alcune novità legislative che lo consentivano) avrebbe dovuto avvertire i contraenti, comunicando modifiche contrattuali e nuove norme intervenute, con un avvertimento nero su bianco che, alla scadenza dei 2 anni dalla morte del contraente, la polizza vita sarebbe stata considerata dormiente.
Poste Vita, assistita dagli avvocati Curcuruto e Gasparini, del prestigioso studio legale Chiomenti di Milano, ha negato ogni profilo di inadempimento. La compagnia ha anche informato il tribunale di avere trasmesso una comunicazione delle modifiche intervenute, assolvendo così all'obbligo informativo contestato dalla parte avversa. Tuttavia non è stata in grado di provarlo, non avendo fatto l'invio a mezzo raccomandata. Per il giudice del tribunale di Sciacca Filippo Lo Presti, nella prima delle 2 sentenze che hanno dato ragione a chi aveva stipulato la polizza, l'assolvimento degli obblighi informativi era doveroso, perché senza una diretta comunicazione delle sopraggiunge novità di politica aziendale, pur dipendenti dalla innovazione normativa, il difetto della specifica informazione era assimilabile ad una omissione ingannevole, producendo effetti analoghi ad una pratica in danno del consumatore, violando gli obblighi di buona fede e di consapevolezza del consumatore stesso. Considerazioni condivise in appello. Poste Vita è stata così condannata al pagamento di oltre ventimila euro oltre gli interessi legali decorrenti dal 2012.