all'interno di un supermercato insieme a Laura Bonafede. Costei è la figlia del boss di Campobello di Mazara Leonardo Bonafede e moglie dell'ergastolano Salvatore Gentile. Per gli inquirenti c'era un rapporto epistolare "molto intenso" tra il capomafia catturato lo scorso 16 gennaio e la donna. È quanto emerge dall'indagine che oggi ha portato all'arresto di Emanuele Bonafede, a sua volta nipote del boss, e della moglie Lorena Ninfa Lanceri, accusati del favoreggiamento del capomafia. Anche questa inchiesta è stata coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, dall’aggiunto Paolo Guido e dai pm Piero Padova e Gianluca De Leo.
Secondo gli inquirenti, la coppia composta da Emanuele e Lorena avrebbe ospitato “in via continuativa e per numerosi giorni”, nella sua casa di Campobello di Mazara, il padrino all’epoca latitante. Abitualmente, dunque, il boss sarebbe andato a pranzo e a cena nell’appartamento dei due, entrando e uscendo indisturbato grazie ai controlli che i Bonafede svolgevano per scongiurare la presenza in zona delle forze dell’ordine. I coniugi – secondo i pm – avrebbero dunque fornito al boss “prolungata assistenza finalizzata al soddisfacimento delle sue esigenze personali e al mantenimento dello stato di latitanza”. Lorena Lanceri, inoltre, secondo gli inquirenti, era inserita nel circuito di comunicazioni che ha consentito all’ex latitante di mantenere contatti con alcune persone a lui particolarmente care. Oltre a essere nipote del boss di Campobello, Emanuele Bonafede è fratello di Andrea Bonafede, arrestato nelle scorse settimane con l’accusa di aver fatto avere al capomafia le prescrizioni sanitarie compilate dal medico Alfonso Tumbarello, finito in carcere per concorso esterno in associazione mafiosa, ed è cugino di un altro Andrea Bonafede, il geometra di Campobello che ha prestato l’identità a Messina Denaro per consentirgli di sottoporsi alle terapie oncologiche. "Il bello nella mia vita è stato quello di incontrarti, come se il destino decidesse di farsi perdonare facendomi un regalo in grande stile. Quel regalo sei tu". Queste le parole scritte nel 2019 in un biglietto diretto a Matteo Messina Denaro da una donna che si firmava con lo pseudonimo di "Diletta". Il biglietto, trovato a casa della sorella del boss Rosalia, si concludeva con "Sei un grande anche se non fossi MMD. Tua Diletta". Secondo gli investigatori il vero mittente della lettera sarebbe Lorena Lanceri. La donna nelle sue comunicazioni col boss avrebbe usato il nome in codice per celare la sua vera identità.
"Penso che qualsiasi donna nell' averti accanto si senta speciale ma soprattutto tu riesci a far diventare il nulla gli altri uomini. - proseguiva - Con te mi sento protetta, mi fai stare bene, mi fai sorridere con le tue battute e adoro la tua ironia e la tua immensa conoscenza e intelligenza. Certo hai anche tanti difetti, la tua ostinata precisione .... ma chi ti ama, ama anche il tuo essere così. Lo sai, ti voglio bene e come dico sempre un bene che viene da dentro. Spero che la vita ti regali un po' di serenità e io farò di tutto per aiutarti".
Salgono a sei i favoreggiatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro arrestati dai carabinieri del Ros. Dalla cattura del padrino, il 16 gennaio scorso, sono finiti in cella Giovanni Luppino, l’autista che accompagnava alla clinica La Maddalena il boss per la chemioterapia nel giorno del blitz che ha posto fine alla sua trentennale latitanza, Andrea Bonafede, il geometra che gli ha prestato l’identità, il cugino omonimo, che avrebbe fatto avere a Messina Denaro le prescrizioni mediche necessarie per le sue cure, suo fratello Emanuele arrestato oggi con la moglie Lorena Lanceri e Alfonso Tumbarello, il medico che ha prescritto farmaci e analisi al padrino trapanese. Sono accusati a vario titolo di concorso esterno in associazione mafiosa, associazione mafiosa, favoreggiamento e procurata inosservanza di pena. Dalle indagini emerge chiaramente che Messina Denaro è stato costantemente supportato da più persone durante la latitanza. Persone “che, secondo i pm, gli hanno consentito di spostarsi in relativa sicurezza sul territorio, anche avvalendosi di più autovetture, di accedere sotto mentite spoglie alle indispensabili cure del Servizio sanitario nazionale, anche grazie a diagnosi e ricette effettuate a nome di Andrea Bonafede, e di acquistare sotto falso nome (ancora una volta quello di Andrea Bonafede) una casa da adibire a covo e una macchina”.
E intanto la scuola elementare di Castelvetrano, Ruggero Settimo, ha comunicato, attraverso l'insegnante Maria Guzzo, segretaria del collegio dei docenti, di aver aderito alla proposta dell'Anm di Marsala, di cambiare il nome del plesso e intitolare l'istituto al piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito ucciso dalla mafia dopo 700 giorni di prigionia. La decisione è stata presa ieri all'unanimità dopo le polemiche scoppiate in seguito alle perplessità espresse da alcuni docenti e genitori degli alunni di cambiare il nome della scuola che fu frequentata da bambino da Matteo Messina Denaro. "Questo è un territorio dove la mafia si è sposata, ha battezzato i suoi figli. Un territorio contaminato. E per decontaminarlo non basta dire 'io sono antimafioso'", ha detto il sindaco di Castelvetrano Enzo Alfano. Che ha aggiunto di avere dato il proprio consenso con entusiasmo all'idea di intitolare la scuola al piccolo Giuseppe Di Matteo, "perché - ha aggiunto - se noi raccontiamo anche con le intitolazioni delle scuole le vittime, se chiamiamo la scuola Di Matteo e diciamo perché lo facciamo, i bambini lo capiranno e porteranno questo segnale a casa. Questo deve essere il nostro obiettivo culturale".