l'uomo che consegnava al boss le ricette mediche necessarie alle terapie a cui doveva sottoporsi, abbiano di fatto consentito al capomafia di sottrarsi sia all'esecuzione delle pene definitivamente irrogategli per numerosi efferati delitti, sia ad eludere le investigazioni dell'autorità in ordine alla persistente condotta direttiva organizzativa dell'associazione mafiosa Cosa nostra, operante nella provincia di Trapani, posta in essere dallo stesso Messina Denaro". Lo scrive il Tribunale del Riesame di Palermo che ha depositato le motivazioni del provvedimento con cui ha respinto la richiesta di scarcerazione presentata dalla difesa di Andrea Bonafede, accusato di aver fatto avere al capomafia, ammalato, ricette e prescrizioni compilate dal medico Alfonso Tumbarello, e intestate falsamente al cugino geometra durante la latitanza. Bonafede è accusato di favoreggiamento e procurata inosservanza della pena. Il "postino" del boss, spiegano i giudici " ha in concreto consentito al latitante di ridurre la sua esposizione e il conseguente rischio di essere individuato e arrestato che sarebbero derivati dall'eventuale accesso di quest'ultimo allo studio medico". Il collegio sottolinea inoltre le "dichiarazioni contraddittorie rese dall'indagato in sede di interrogatorio, peraltro smentite dai successivi atti d'indagine indicati" e spiega che "gli elementi indiziari raccolti hanno consentito di accertare come l'indagato, stante la piena conoscenza dell'identità di Messina Denaro, abbia agito con "la consapevolezza che l'azione illecita che stava compiendo, consentendo al capo della consorteria di svolgere appieno il proprio ruolo di vertice, potesse quanto meno inscriversi nelle possibili utilità dell'associazione mafiosa". Tribunale del Riesame che ieri ha rigettato anche la richiesta di scarcerazione presentata dai legali di Lorena Lanceri e del marito Emanuele Bonafede, la coppia di "vivandieri" di Campobello di Mazara che, per mesi, avrebbe ospitato a pranzo e cena nella propria abitazione il boss. Entrambi sono accusati di favoreggiamento aggravato alla mafia e procurata inosservanza di pena. Ad incastrarli, tra l'altro, le immagini delle telecamere di videosorveglianza di un negozio che li immortalano mentre controllano la strada per dare il via libera al latitante e consentirgli di lasciare la loro abitazione indisturbato.