dell'ex latitante Matteo Messina Denaro, ma che, al tempo stesso, mantiene la propria pericolosità a causa della coesistenza sul territorio di Cosa Nostra e Stidda. Questo, in estrema sintesi, il quadro che emerge sulla mafia provinciale nell'ambito dell'ultima relazione semestrale pubblicata dalla Direzione Investigativa Antimafia. Nel documento viene analizzato lo status attuale delle consorterie mafiose agrigentine, gli interessi, i mandamenti e le prospettive future. La presenza della Stidda viene registrata, soprattutto, nei territori di Bivona, Canicattì, Campobello di Licata, Camastra, Favara, Naro, Palma di Montechiaro, Porto Empedocle e Racalmuto.
Da non trascurare, poi, le scarcerazioni di personaggi di spessore del panorama mafioso su cui la DIA accende i riflettori. Alcune indagini avrebbero messo in luce pericolose “frizioni” tra esponenti ai vertici di cosa nostra e alcuni stiddari attivi a Palma di Montechiaro in merito al controllo e gestione di attività illecite connesse con il mercato ortofrutticolo. Nel contesto agrigentino, inchieste alla mano, risulterebbero, inoltre, attivi anche alcuni gruppi criminali su base familiare, denominati famigghiedde e paracchi, che agiscono secondo le tipiche logiche mafiose operando autonomamente rispetto a cosa nostra e alle consorterie stiddare. Secondo la DIA, Cosa nostra agrigentina risulta tuttora articolata in 7 mandamenti (Agrigento, Burgio, Belice, Santa Elisabetta, Cianciana, Canicattì e Palma di Montechiaro) nel cui ambito opererebbero 42 famiglie. Negli ultimi anni si assiste ad un singolare fenomeno, quello della emigrazione criminale, basato sulla propensione della mafia agrigentina a trasferire i propri interessi illeciti al di fuori dei tradizionali confini di competenza. Estorsioni, intimidazioni e traffico di sostanze stupefacenti sono il pane quotidiano delle consorterie agrigentine che puntano al controllo sociale ed economico del territorio di riferimento. Traffici di droga sono stati documentati e fermati ad Agrigento, Ribera, Favara, Licata e Canicattì.