È questa una delle precisazioni che i legali difensori del professionista di Menfi finito sotto i riflettori la scorsa settimana nell'ambito di un'inchiesta della Guardia di Finanza di Sciacca, hanno ritenuto di dover fare per rassicurare i clienti che si erano rivolti a lui. I legali difensori del notaio Palermo, Antonino Caleca e Giovanni Vaccaro, in merito alle notizie emerse in ordine al sequestro dei conti bancari in danno dell’indagato, spiegano che la stessa Guardia di Finanza ha dato atto che nel periodo finito sotto inchiesta (quello compreso tra il 2012 e il 2017) nessun cliente “ha ricevuto contestazioni da parte dell’ufficio finanziario”, e che la questione che ha visto finire sotto indagine il loro assistito è di natura puramente fiscale, riguardando unicamente la posizione personale, e non quella professionale. Collegio difensivo, quello del professionista menfitano, che fa sapere anche di aver presentato ricorso al Tribunale del riesame (la discussione è in programma il prossimo 27 dicembre) per la revoca del sequestro preventivo dei conti correnti del notaio Palermo, considerato che, secondo loro, non sussistono i requisiti che giustifichino il provvedimento adottato. Si scopre oggi, tuttavia, che anche la procura della Repubblica di Sciacca ha presentato istanza al Tribunale del riesame, per chiedere piuttosto di sequestrare anche altri conti correnti del dottor Palermo, non solo quelli riconducibili all'attività professionale, ma anche quelli privati, fino a raggiungere la cifra di un milione e 700 mila euro, che è poi all'incirca l'entità della somma di cui, secondo le Fiamme gialle, il notaio si sarebbe illecitamente appropriato, perpetrando una presunta truffa, quella scoperta dalla Guardia di finanza agli ordini del capitano Luigi Carluccio, ai danni di duemila suoi clienti nell'arco di cinque anni. La richiesta di sequestrare anche i conti privati del professionista la procura l'aveva già avanzata all'ufficio del Gip, ma questi l'ha respinta, condividendo solo la necessità di sottrargli, in buona sostanza, solo il conto riconducibile all'attività dello studio notarile. Insomma: accusa e difesa sono già protagoniste di un vero e proprio scontro, all'interno di un'indagine, quella che è stata denominata “two face”, che ha comunque visto il notaio Palermo accettare di versare allo STATO oltre 300 mila euro in un'unica soluzione. Secondo gli investigatori il notaio Palermo fingeva di trattare bene i clienti, apparentemente facendosi pagare poco. Al tempo stesso, però, avrebbe gonfiato gli importi delle tasse da versare all'Erario previste per singolo atto stipulato. Somme che, dunque, stando all'accusa, sarebbero risultate di gran lunga superiori rispetto a quanto effettivamente dovuto al fisco. Con la differenza che sarebbe finita “in nero” nelle sue tasche. Nel dettaglio, per le prestazioni rese ai clienti (stipula di atti di compravendita immobiliare, successioni o donazioni) il notaio Palermo avrebbe emesso la fattura indicandovi due voci ben distinte: la prima riguardante l’onorario professionale (sempre di basso importo) soggetta a tassazione, la seconda (esclusa dalla base imponibile) relativa agli importi trattenuti a nome e per conto del cliente e ricomprendenti le imposte, ossia tasse notarili, catastali, ipotecarie e di registro, nonché eventuali ulteriori costi sostenuti. Per gli investigatori questo sarebbe stato solo un artifizio per permettere al professionista di trattenere per sé la parte della somma versata dal cliente ma che, in realtà, non sarebbe stata dovuta.