guidata dal procuratore facente funzioni Salvatore Vella, la Polizia di Agrigento insieme alla Guardia di Finanza e alla Guardia Costiera di Lampedusa hanno eseguito il 14 agosto scorso il fermo del comandante di un motopesca tunisino e degli altri 5 membri dell'equipaggio, oltre al sequestro del natante. Sono ritenuti responsabili, in concorso, del reato di pirateria marittima, previsto dal Codice della Navigazione. Le indagini hanno permesso di accertare che i pescatori tunisini depredavano i numerosi barchini sulla rotta Sfax - Lampedusa, con a bordo, per la maggior parte, migranti sud-sahariani, minacciando gli stessi di lasciarli alla deriva. Quanto dichiarato dalle vittime, coerentemente con le pregresse investigazioni in tema di pirateria marittima, ripropone le tristi vicissitudini dei migranti i quali, a bordo di fatiscenti natanti in ferro, in precarie condizioni di stabilità, intercettati in acque internazionali, vengono costretti, sotto la minaccia di essere lasciati alla deriva, a consegnare i loro averi e i motori delle loro imbarcazioni agli equipaggi dei pescherecci tunisini. Lo scorso mese di luglio e' stato contestato per la prima volta il reato di pirateria marittima, contemplato dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare. La Squadra Mobile di Agrigento, la Sezione Operativa Navale della Guardia di Finanza e i militari della Guardia Costiera di Lampedusa avevano eseguito in quella occasione il fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Procura della Repubblica di Agrigento, nei confronti del comandante di un motopesca tunisino e dei tre componenti dell'equipaggio che avevano preteso dai migranti, in acque interazionali, la consegna del motore dell'imbarcazione sulla quale viaggiavano in cambio del loro aiuto per raggiungere le coste italiane. La recente attività di indagine è stata condivisa dalla competente autorità giudiziaria la quale ha chiesto la convalida del fermo di indiziato di delitto a carico dei sei indagati, convalidato dal Giudice per le Indagini Preliminari di Agrigento, Stefano Zammuto, che ha disposto la misura della custodia cautelare in carcere. Le indagini sono ancora in corso per accertare in via definitiva le responsabilità penali dei soggetti gravati da misura cautelare.