era salito alla ribalta per la sua decisione, decisa e senza sconti, di non voler pagare il pizzo e non piegarsi ai voleri delle Cosche. Un esempio di virtù e correttezza di cui ancora oggi si parla nelle scuole e nelle commemorazioni che le Istituzioni gli tributano. Famosa divenne la sua lettera del gennaio 1991 al “Giornale di Sicilia” inviata al suo “Caro estortore”: «Volevo avvertire il nostro ignoto estortore di risparmiare le telefonate dal tono minaccioso e le spese per l'acquisto di micce, bombe e proiettili, in quanto non siamo disponibili a dare contributi e ci siamo messi sotto la protezione della polizia. Ho costruito questa fabbrica con le mie mani, lavoro da una vita e non intendo chiudere. Se paghiamo i 50 milioni, torneranno poi alla carica chiedendoci altri soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco tempo. Per questo abbiamo detto no al "Geometra Anzalone" e diremo no a tutti quelli come lui» scriveva Libero Grassi che, collaborando con le forze dell'ordine, fece, persino, arrestare gli esattori del clan Madonia che lo vessavano.
Venne ucciso il 29 agosto 1991 mentre, alle 7 e mezzo del mattino, si stava recando a piedi a lavoro dopo aver rifiutato la scorta e dopo aver subito solitudine e isolamento da parte di altri industriali.
I collaboratori di giustizia Gaspare Mutolo e Pino Marchese affermarono che l'eliminazione di Grassi si era resa necessaria per scoraggiare altri commercianti a seguire il suo esempio di libertà.
Un mese dopo la morte dell'imprenditore, Maurizio Costanzo e Michele Santoro gli dedicarono una lunga trasmissione condotta a reti unificate su Rai 3 e Canale 5, ma quell'esempio di vita e di coraggio tuttora è rimasto nella memoria della Sicilia onesta.