anche la fine di Matteo Messina Denaro è una sorta di livella, quella che ogni tanto fa domandare a che cosa serva essere malvagi in vita, quella stessa vita tolta agli altri, perfino ad un bambino punito perché figlio di un pentito, se poi l'approdo finale è quello di tutti gli altri esseri viventi. Le condizioni di Matteo Messina Denaro, malato terminale di tumore al colon, si erano aggravate ieri quando ha avuto un grave sanguinamento per poi essere colpito da un collasso con i parametri vitali compromessi.
Il 61enne nel testamento biologico aveva manifestato la volontà di non subire l’accanimento terapeutico con l’utilizzo delle macchine per essere tenuto in vita. Per questo anche con l’assenso della famiglia da alcune settimane è stato sottoposto alla terapia del dolore con la interruzione della chemioterapia e con il paziente che è passato in carico al reparto di rianimazione competente nella terapia del dolore, diretto dal professore Franco Marinangeli, e non più all’equipe oncologica diretta dal professor Luciano Mutti.
Al capezzale la nipote e legale Lorenza Guttadauria e la giovane figlia Lorenza, riconosciuta recentemente ed incontrata per la prima volta nel carcere di massima sicurezza dell’Aquila nello scorso mese di aprile.
Matteo Messina Denaro è stato richiuso, in regime di 41 bis, nell’istituto di pena del capoluogo regionale il 17 gennaio scorso, il giorno dopo l’arresto a Palermo.
Dall’8 agosto scorso era ricoverato all’ospedale San Salvatore dell’Aquila dove era arrivato dal carcere per un intervento chirurgico per una occlusione intestinale: per qualche settimana è stato degente nel reparto di rianimazione, poi nonostante le sue proteste e quelle dei familiari, è stato trasferito nella cella del reparto per detenuti e guardato a vista della forze dell’ordine tra ingenti misure di sicurezza sia dentro sia fuori la struttura sanitaria.
Nelle ultime settimane le condizioni si sono aggravate ed i medici e le istituzioni preposte hanno deciso la permanenza in ospedale. I suoi legali avevano minacciato la presentazione di una istanza di scarcerazione perché lo stato di salute non era compatibile con la permanenza in carcere dove nei primi mesi di carcerazione era stato curato con la somministrazione della chemioterapia nell’ambulatorio ricavato ad hoc in una stanza di fronte alla sua cella. Per una sola volta era stato trasferito al San Salvatore per effettuare degli esami.