su disposizione del Gip presso il tribunale di Agrigento nell'ambito di un'indagine coordinata dalla procura della Repubblica. I tre sono ritenuti responsabili del reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Sono stati raccolti indizi secondo cui gli arrestati sono gli scafisti di una imbarcazione proveniente dalla Libia e giunta a Lampedusa, dotati di strumenti atti al tracciamento delle rotte, con professionalità e tra i pochissimi cittadini egiziani presenti sul natante in questione che trasportava complessivamente 53 migranti di diverse nazionalità.
Ad aggravare la loro posizione, i tre egiziani sono accusati di aver procurato l’ingresso sul territorio nazionale di più di 5 persone, di averli esposti a pericolo per la loro vita o per la loro incolumità e di aver agito allo scopo di trarne profitto anche indiretto. Gli scafisti egiziani sono adesso rinchiusi nel carcere di Agrigento. Le indagini sono in corso e la responsabilità penale dei soggetti gravati da misura cautelare non sono ancora accertate in via definitiva.
Intanto anche la terza sezione della Cassazione ha dato ragione alla procura di Agrigento che aveva convalidato il fermo per pirateria eseguito da Squadra mobile, Guardia di finanza e Capitaneria di porto nei confronti del comandante del motopesca tunisino e dei 3 componenti dell'equipaggio che, in acque internazionali rubarono il motore del barchino con a bordo 40 migranti. I marinai si fecero consegnare i cellulari e i soldi che i profughi avevano in tasca, in cambio della promessa di traino la barca fino a Lampedusa.
La suprema corte ha di fatto confermato il pronunciamento, dello scorso fine settembre, del tribunale del Riesame di Palermo al quale l'aggiunto Salvatore Vella e il pm Gaspare Bentivegna avevano fatto ricorso.
Anche la consegna del denaro e dei cellulari in cambio del traino del barchino, per fare avvicinare i migranti a Lampedusa, è stata un'attività di pirateria e non di estorsione per come l'aveva qualificata il gip del tribunale di Agrigento.
Il caso risale a fine luglio scorso. Il gip di Agrigento, Iacopo Mazzullo, allora riconobbe l'attività di pirateria nella sottrazione del motore, fatto con violenza e minacciando con i coltelli i migranti. La consegna di cellulari e denaro avvennero come una sorta di contrattazione e per questo la rapina di soldi e cellulari furono qualificati come estorsione aggravata, reato su cui, essendo avvenuto in acque internazionali, la Procura non ha alcuna giurisdizione. Per il Riesame, e adesso anche per la Cassazione, "gli atti di depredazione rientrano nell'articolo 1135 del codice della navigazione".