25 milioni di euro. Il provvedimento è stato emesso dalla Direzione investigativa antimafia di Trapani a carico dell’imprenditore campobellese Andrea Moceri ed ai suoi famigliari. I beni erano stati già sottoposti a sequestro nello scorso novembre 2015. Con lo stesso provvedimento sono stati imposti a Moceri due anni di sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.
Secondo il tribunale di Trapani, Moceri sarebbe una "persona socialmente pericolosa perché dedita in maniera abituale ad attività delittuose". Il patrimonio confiscato a Moceri conta 35 proprietà immobiliari di varia dimensione e differenti destinazioni d’uso (locali commerciali, appartamenti per civile abitazione, rimesse), 35 appezzamenti di terreno di varia estensione a destinazione urbanistica, 5 compendi aziendali; quote di partecipazioni in società di capitali, vari conti bancari e polizze assicurative.
Tra le attività economiche illecitamente finanziate con denaro di Moceri ci sarebbe la realizzazione dell’oleificio denominato "Fontane d'oro" con sede a Campobello di Mazara, oggi in amministrazione giudiziaria, intestato a prestanome di Francesco Luppino (detenuto), elemento di spicco della locale famiglia mafiosa, e tra gli uomini più fedeli su cui poteva contare il boss Matteo Messina Denaro.
Secondo i giudici, l'imprenditore campobellese, che si occupa da più di trent’anni di commercializzazione di autovetture, nuove ed usate, anche sotto le insegne di importanti case automobilistiche, avrebbe "disseminato il proprio agire imprenditoriale di condotte illecite volte a massimizzare spregiudicatamente i profitti delle sue attività, svelando anche una notevole abilità nella predisposizione dei mezzi per delinquere, che vanno dalla manomissione dei misuratori elettrici presso le sede aziendali, all’appropriazione indebita di merci e denaro liquido, all’assunzione in nero di lavoratori e alle minacce verso i propri dipendenti, costretti a volte ad accettare condizioni economiche deteriori rispetto a quelle risultanti dalle buste paghe". E sempre secondo i giudici e gli investigatori, l'imprenditore in questo modo si sarebbe arricchito in maniera enorme, sottraendosi anche alle imposizioni fiscali.
Nell'ordinanza si legge che tutto questo sarebbe stato reimpiegato da Moceri in una "parallela illecita attività creditizia, costatagli anche alcuni processi per usura". Nel decreto di confisca, infatti, l'imprenditore viene definito come una sorta di “banca privata”.