Questo il contenuto del messaggio inviato nei giorni scorsi da Nicola Diomede al ministro dell'Interno Marco Minniti. Scenario culminato con la scontata destituzione, decisa ieri dal Consiglio dei Ministri, di Diomede, finito sotto inchiesta insieme ad altre 72 persone nel nuovo terremoto giudiziario nei confronti di Girgenti Acque. Diomede finito nel mirino per una questione riguardante le procedure sulla certificazione antimafia nei confronti di Girgenti Acque che, stando ad alcuni accertamenti fatti dalla stessa Autorità Anticorruzione, non avrebbe dovuto entrare nella white list della prefettura. Pare che prima che scoppiasse il caso nel periodico valzer di nomine a Diomede fosse stata riservata la prefettura di Trapani. Ma, naturalmente, al momento il funzionario dello Stato rimarrà senza incarico. Il posto di Diomede ad Agrigento è già stato assegnato a Dario Caputo, fino a ieri vice capo di gabinetto del ministro della coesione territoriale Claudio De Vincenti. “Mi auguro che il simpatico prefetto di Agrigento sia innocente, ma non posso che compiacermi del fatto che egli assaggi oggi il destino di dover cadere sul campo e di essere trasferito in seguito a una inchiesta giudiziaria". A parlare così è stato Vittorio Sgarbi, sindaco di Salemi al tempo in cui Diomede fu nominato commissario straordinario di quel comune che per il critico d'arte fu ingiustamente sciolto per mafia. “Quello che è toccato oggi al Prefetto Diomede si chiama 'la maledizione di Salemi'”, ha detto Sgarbi. Trapela ancora poco dall'indagine della magistratura di Agrigento, condotta dal pool di Pm composto da Salvatore Vella, Alessandra Russo e Teresa Vetro, coordinati dal procuratore capo Luigi Patronaggio. Le ipotesi accusatorie, naturalmente a vario titolo, sono pesantissime: associazione per delinquere, riciclaggio, corruzione, truffa, voto di scambio, false comunicazioni in ambito societario, danneggiamento e inadempimento nei contratti, frode nelle pubbliche forniture. E poi i nomi: piuttosto altisonanti. Da Capodicasa a Lombardo, dal prefetto Diomede al padre del ministro Angelino Alfano. E poi: sindaci ed ex sindaci, consiglieri comunali, imprenditori, giornalisti, esponenti delle forze dell'ordine, altissimi funzionari pubblici, tra cui un ex presidente del Consiglio di Giustizia Amministrativa e l'attuale capo dell'antitrust Giovanni Pitruzzella. Antitrust che ha, tra i suoi compiti, anche quello di varare le tariffe applicate dall'ente gestore. Sullo sfondo: la presunta rete di protezioni creata attorno a Girgenti Acque in cambio di posti di lavoro presso quella società. Vicenda che fece dire all'ex procuratore aggiunto Ignazio Fonzo che Girgenti Acque era un autentico assumificio. Girgenti Acque oggi ha più di trecento dipendenti. Tra di loro ci sono “figli di” e “parenti di”. Problema che, per dire, riguarda la posizione di un carabiniere e, pare, di un paio di giornalisti piuttosto importanti. Adesso negli uffici della Procura si sta valutando l'ipotesi di accorpare questa inchiesta con altri fascicoli già aperti in passato. E nelle ultime ore si parla anche di “sistema Girgenti Acque”, quello che secondo le indagini avrebbe messo in evidenza un rapporto stretto, addirittura strettissimo tra l'ente gestore e la politica. Al punto che nei giorni scorsi si è ipotizzato che il presidente Marco Campione potesse candidarsi alle prossime Politiche con Forza Italia, sostenuto dal deputato regionale Riccardo Gallo. C'è anche il suo nome nell'elenco di politici che avrebbero raccomandato gli assunti. Poi ci sono anche quelli di Giovanni Panepinto, di Raffaele Lombardo (e del di lui fratello), degli ex presidenti della provincia Enzo Fontana ed Eugenio D'Orsi. E ancora: l'ex deputato della Rete Giuseppe Scozzari, gli ex sindaci di Canicattì Vincenzo Corbo e di Cattolica Eraclea Giuseppe Giuffrida, gli ex assessori provinciali Giambrone, Macedonio e Salvato). Tutti con responsabilità singole da valutare e ruoli da decifrare.