56 i provvedimenti cautelari emessi dalla Direzione Distrettuale Antimafia nei confronti di quelli che sono considerati i vertici dei mandamenti di Santa Elisabetta e Sciacca. Nel mirino degli inquirenti sono finite ben sedici famiglie mafiose della provincia di Agrigento. Sotto la lente d'ingrandimento sono finiti anche esponenti delle cosche di Caltanissetta, Palermo, Enna, Ragusa e Catania. Inchiesta che avrebbe rivelato i legami tra le cosche locali e la mafia di tutte le province della Sicilia da una parte e addirittura le famiglie della 'ndrangheta calabrese. Il catalogo dei reati è vasto, e va dalle estorsioni nei confronti di oltre due dozzine di aziende ad un vasto traffico di droga, dal voto di scambio alle pressioni per gestire i denari degli appalti pubblici. Mafia agrigentina che si occupava e si alimentava di estorsioni. 11 quelle accertate a ditte che si occupavano anche di appalti pubblici, 12 quelle tentate. Mani della mafia sul mondo delle slot machine e dei videopoker, ma anche sulle amministrazioni comunali. Ma non è tutto. Gli affiliati alle cosche avrebbero chiesto il pizzo perfino presso tre cooperative (situate rispettivamente a Favara, Cammarata ed Agrigento) per la gestione degli immigrati richiedenti asilo. Sono sette, tra Agrigento, Cammarata, Casteltermini e Racalmuto, le società che si persume siano riconducibili ai clan sono state sequestrate. In carcere, tra gli altri, è finito Francesco Fragapane, 37 anni, figlio dello storico capomafia di Santa Elisabetta Salvatore, da anni ergastolano al 41 bis. Scarcerato nel 2012 dopo aver scontato sei anni di prigione, Fragapane avrebbe ricostituito e retto lo storico mandamento che comprende tutta l'area montana dell'agrigentino e i paesi di Raffadali, Aragona, S. Angelo Muxaro e San Biagio Platani, Santo Stefano di Quisquina, Bivona, Alessandria della Rocca, Cammarata e San Giovanni Gemini. Fragapane era poi stato riarrestato e nuovamente liberato la scorsa estate: attualmente era sorvegliato speciale. L'indagine è coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall'aggiunto Paolo Guido e dai pm Gery Ferrara e Claudio Camilleri. Un'inchiesta che, è stato anche riferito durante la conferenza stampa di stamattina a Palermo, ha rivelato che le cosche agrigentine non si fidano della mafia palermitana. È quanto viene fuori dalle intercettazioni riprese nel video diffuso dai Carabinieri: “A Palermo sono inaffidabili, la provincia di Agrigento è più seria”, osserva uno degli indagati sottoposti a controlli. L’indagine, che questa mattina, ha disarticolato i mandamenti delle famiglie mafiose agrigentine, è durata oltre due anni e si è avvalsa di intercettazioni, pedinamenti, testimonianze delle vittime di estorsione: perché chi non pagava, riceveva atti intimidatori. Inchiesta scattata a seguito delle dichiarazioni dei collaboratori giustizia. A partire dal menfitano Vito Bucceri, l’ultimo mafioso agrigentino che ha scelto di svelare i nuovi assetti di cosa nostra nella provincia e che è attualmente detenuto. In carcere sono finiti: Carmelo Battaglia, Giuseppe Blando; Giorgio Cavallaro, Vincenzo Cipolla, Franco D’ugo; Giacomo Di Dio; Santo Di Dio, Angelo Di Giovanni, Vincenzo Dolce, Francesco Maria Antonio Drago, Concetto Errigo, Pasquale Fanara, Daniele, Francesco e Raffaele Salvatore Fragapane; Giovanni Gattuso, Alessandro Geraci, Angelo e Calogerino Giambrone, Raffaele La Rosa, Roberto Lampasona; Calogero Limblici; Calogero Maglio , tre persone che rispondono al nome di Vincenzo Mangiapane, di età compresa tra i 45 e i 64 anni, Domenico Maniscalco (di Sciacca), Antonio Giovanni Maranto; Pietro Paolo Masaracchia, Giuseppe Nugara, Salvatore e Vincenzo Pellitteri, Luigi Pullara, Salvatore Puma; Giuseppe Quaranta, Pietro Stefano Reina, Santo Sabella, Giuseppe Scavetto, Calogero Sedita, Giuseppe Luciano, Vincenzo e Massimo Spoto, Gerlando e Stefano Valenti, Giuseppe Vella, Salvatore Vitello e Antonino Vizzì. I domiciliari sono stati disposti per Adolfo Albanese, Salvatore La Greca, Antonio Licata, Calogero Quaranta, Stefano Di Maria, Salvatore Montalbano, Calogero Principato, Marco Veldhuis, Antonio Domenico Cordaro Francesco Giordano e Domenico Lombardo. L'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria è stato disposto infine per Vincenzo Valenti, Nazarena Traina, Viviana La Mendola e Antonio Scorsone.