già funzionario di banca, ex direttore della cassa di risparmio, coinvolto la prima volta nell'operazione antimafia della procura di Sciacca denominata “Avana”. Correva l'anno 1993. Dopo venticinque anni Salvatore Di Gangi continua, dunque, ad essere considerato il capomafia di Sciacca. L'ordinanza di custodia cautelare scaturita dall'operazione Montagna gli è stata notificata in carcere, dove 'u zù Totò' era tornato nel 2017, alla veneranda età di 75 anni. Dal 2010 Di Gangi era tornato libero, pur se sottoposto dal Tribunale di sorveglianza al regime dell'obbligo di dimora. Era stato riconosciuto responsabile dell'estorsione imposta da Cosa nostra alla Laterizi Fauci di Sciacca. Di Gangi che, dunque, continua secondo gli inquirenti ad essere considerato un punto di riferimento negli organigrammi mafiosi nel territorio provinciale. Ma l'operazione di stanotte ha fatto finire in carcere anche un altro saccense. Si chiama Domenico Maniscalco, ha 52 anni, ed è un commerciante che opera nel settore delle forniture edili. Si cercherà adesso di capire il livello del loro coinvolgimento. Sciacca che, dunque ancora una volta finisce sotto i riflettori, in un ambito quello della lotta a Cosa nostra, che ha sempre visto questo territorio esercitare un ruolo non indifferente, ancorché probabilmente sotto leadership diverse, e in un clima evidentemente di assoluta calma apparente. L'operazione Montagna giunge a dieci anni esatti dall'operazione Scacco matto, quella che impegnò i magistrati nel tentativo di smantellare le famiglie mafiose del versante occidentale della provincia di Agrigento, area considerata particolarmente sotto l'attenzione del superboss latitante Matteo Messina Denaro. Tra i coinvolti in quella circostanza ci fu anche Vito Bucceri, colui che recentemente ha deciso di collaborare con i magistrati. Sarebbero state proprio le sue ultime rivelazioni a determinare il via all'operazione di stanotte.